Il benessere del mondo in miniatura
Il benessere del mondo in miniatura
Il piccolo tiene il grande al guinzaglio
La siège de l’air, Alain Gheerbrand
C’è una dimensione eletta dal fantasticare, animata da una volontà visiva universale e dal desiderio di possedere il mondo attraverso il suo giocattolo: il mondo in miniatura. Questo mondo è così lontano, così unito, così calmo. In questo modo Io possiedo il mondo, e lo possiedo tanto meglio quanta maggiore è la mia abilità di miniaturizzarlo.
Il giardino nano più è piccolo e più è vasta
la parte del mondo che abbraccia.
Analogamente, il letterato nella sua modesta
dimora, il poeta davanti al suo scrittoio,
l’eremita nella sua grotta dispongono
a piacere di tutto l’universo. E’ sufficiente
concentrarsi quel tanto che basta
per scomparire nel giardino in miniatura.
Rimpicciolendo il paesaggio, si accede
a un potere magico crescente. E’ per questo
che ci sono tutti i motivi per credere
che i saggi più illustri posseggano giardini
così piccoli che nessuno ne sospetta
l’esistenza. Talmente piccoli che si possono
posare su un’unghia o chiudere
in un medaglione. Talvolta il saggio estrae
un medaglione dal taschino.
Quando ne solleva il coperchio, appare
un giardino minuscolo con banani e baobab
intorno a laghi immensi uniti tra loro da ponti
arcuati. E il saggio, diventato
improvvisamente piccolo come un seme
di papavero, passeggia estasiato in quello
spazio vasto come il cielo e la terra.
Le meteore. Il giardino più piccolo del mondo, Michel Tournier
Godiamoci i mondi in miniatura, la piccolezza prodotta dalla miniatura offre distensione e riposo.
Il piccolo ci porta nel regno dei valori, dobbiamo averne consapevolezza. E nella miniatura i valori si condensano e si arricchiscono.
Se qualcuno è piccolo, venga a me, Prov 9, 4
Farsi piccoli, minorizzarsi, è quello che proponeva e faceva san Francesco d’Assisi, è quello a cui sono giunti per grazia santi minori italiani come san Giuseppe da Copertino. Il nostro farci piccoli negli esercizi di immaginazione è riservare a santi e poeti un trattamento da autore minore, per ritrovare la loro potenzialità di divenire fuori della storia, di superare il proprio tempo, sapendo che il poeta e il santo, che l’uomo non ha un tempo determinato, e che il tempo dipende dall’uomo.
Sant’Agostino, lasciato l’intento di piacere agli altri e al potere, lasciata l’inutile retorica, l’arte dei panegirici, la dottrina di raccontare con proprietà di locuzione, con facondia, con eleganza, prende lezione da un mendicante ubriaco, che trasudava di allegria e faceva lazzi buffoneschi. Vorrebbe raggiungere la gioia spensierata dello straccione, la soddisfazione, cioè, di una leggera felicità. “Egli era contento, io pieno di ansietà; egli senza preoccupazioni, io in continua agitazione. (…) La mia dottrina non mi dava gioia, ma solo il mezzo di riuscire più gradito agli altri, e non per ammaestrarli; solo per riuscir gradito” Le confessioni, Agostino.
E Agostino allora considera la differenza tra lui e il mendicante ubriaco come la differenza tra un pensare in termini di divenire e un pensare in termini di arrivare: ”Ma qualche altra cosa ci divideva: e cioè, quegli era certo più felice, non solo perché trasudava di allegria, mentre io ero roso di inquietudini, ma anche perché si era buscato il vino ben augurando agli altri, mentre io cercavo una gloria vana con le menzogne” Le confessioni, Agostino.
Il mendicante è al di là dei conflitti o della competitività per affermarsi, per lui non ci sono punti di arrivo, non gli interessa dove arriva, può arrivare anche alla follia. Il mezzo è il vino, un eccesso e non una media.
Come non pensare alla piccola via e all’infanzia spirituale di Teresa di Gesù Bambino.
“Diventare più grande mi è impossibile, debbo sopportarmi tale quale sono con tutte le mie imperfezioni, non di meno voglio cercare il mezzo per andare in Cielo per una via ben dritta, molto breve, una piccola via tutta nuova” Storia di un’anima.
Di qui il ricorso di Teresina all’immagine dell’ascensore per innalzarsi fino a Gesù, perché è troppo piccola per salire la dura scala della perfezione.
“L’ascensore che deve innalzarmi fino al Cielo sono le vostre braccia, Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, al contrario, bisogna che resti piccola, che lo divenga sempre più” Storia di un’anima.
Ancora da Proverbi, vero tesoro di valori:
Quattro esseri sono tra le cose più piccole della terra,
eppure sono più saggi dei saggi:
le formiche, popolo senza forza,
che si provvedono il cibo durante l’estate;
gli iraci, popolo imbelle,
ma che hanno la tana sulle rupi;
le cavallette, che non hanno un re,
eppure marciano tutte insieme schierate;
la lucertola, che si può prendere con le mani,
ma penetra anche nei palazzi dei re.
Proverbi 30, 18-33
Il piccolo appartiene al fanciullino che è in noi:
“Il fanciullo che era in loro, preferiva, come tutti i fanciulli, ciò che è piccolo”. Il fanciullino, Giovanni Pascoli.
Non finisce di sorprenderci con quale facilità e naturalezza l’immaginazione ci porta dall’immenso nel piccolo, dal mare alla goccia di rugiada.
Per molti giorni, per molte miglia,
con molte spese, per molti paesi,
sono andato a vedere il mare.
Ma a due passi da casa
quando ho aperto gli occhi,
non ho visto
una goccia di rugiada sopra
una spiga di grano.
Rabindranath Tagore
Partecipiamo a una delle funzioni immaginarie più regolari ed attive: la funzione di miniaturizzazione. In un Presepio non possiamo fare a meno di rappresentare in miniatura e immaginare acque tranquille e cieli stellati.
Il mondo e le case in miniatura sono oggetti privilegiati dell’immaginario: falsi per il geometra, sono provvisti di una oggettività psicologica vera.
Poco m’importa se è piccola la mia casa,
non si può dormire che in una camera sola!
Poema pazzo dedicato ai miei nipotini, Po Chu-i
Sono versi del poema della semplicità, delle poche cose di cui si ha bisogno e che soltanto i nipotini possono capire.
Sono gli stessi nipotini che amano il mondo in miniatura, il piccolo, perché la rappresentazione (in scala o meno) è dominata, più che dal realismo della rappresentazione, dalla capacità di immaginazione. Il piccolo è portatore di un valore ed è fonte di un sognare che non conosce confini. Noi grandi ci facciamo piccini ed entriamo in case, che possono essere contenute in un cece o in un fagiolo. Ci troviamo bene sotto un ciuffetto d’erba che per noi è un boschetto.
Proviamo a metterci davanti ad una miniatura: non riusciamo a non entrarvi, e una volta entrati subito le immagini iniziano a crescere, ad ingrandire. Dall’immagine di presa sul tutto unito, si attiva felicemente e spontaneamente il processo di ingrandimento.
Non riusciamo a mantenere le distanze dal piccolo e a rimanere nella dimensione da grandi, anche perché la piccolezza non ci sembra mai ridicola, anzi è un valore.
Ma non finiremo di chiederci perché il grande viene fuori così spontaneamente dal piccolo. Forse è grazie alla liberazione da ogni obbligo di dimensioni, proporzioni, pesi, e sappiamo che la liberazione è alla base di ogni attività di immaginazione.
Così come continua a sorprenderci il benessere che viviamo nel mondo in miniatura. E’ un benessere che forse ha le stesse radici psicologiche che sono all’origine della naturalezza con la quale il bambino guarda il grande nel piccolo: il bambino guarda il piccolo con la lente di ingrandimento, e in questo modo vive l’infanzia, l’infanzia che ridona lo sguardo amplificante del bambino.
Da bambini tutto ci sembra più grande, e il piccolo è la fonte di un sognare ad occhi aperti che non conosce confini. Per questo, nei mondi in miniatura, ci troviamo sempre a nostro agio, come bambini. Sono mondi che dominiamo, e, vivendoli, sentiamo propagarsi il nostro essere sognante, producendo distensione e riposo: si fantastica senza ostacolo, senza precisione, senza sforzo.
Riscopriamo le costruzioni in miniatura, ritroveremo il valore dell’infanzia, la dolce e beata sicurezza del bambino, il suo sguardo amplificante e gioioso, torneremo nella realtà del giocattolo.
Il grande potere della miniaturizzazione sta appunto nel realizzare le potenzialità inesauribili dei mondi dell’immaginazione. La miniatura, sinceramente vissuta, ci distacca dal mondo circostante. La miniatura riposa, in sé, senza mai dormire.
Viene da dire: ”Il mondo è la mia miniatura”, poiché è così lontano, così calmo, così leggero, posso sognare di viverci dentro, fino a distendermi in un piccolo spazio. Da questa distanza, possiamo immaginare e mettere tutti gli oggetti in scala, a misura, al loro vero posto. E quando il nostro occhio è disteso, e tutti i nostri muscoli a riposo, la miniatura ci fa prendere consapevolezza della nostra pace intima e dell’allontanamento delle cose e degli avvenimenti. Proporre allora le immagini di miniature significa fare del mondo l’immagine, la megliore immagine composta e la più fragile, perché è l’immagine del sognatore, dell’uomo liberato dalle preoccupazioni e dalle proporzioni. In questo equilibrio tra il sonno e la veglia, il sognatore può avere un’immagine serena e ben composta, unita, unica del mondo.
Il mondo in miniatura ci è offerto dalla natura.
Poniamoci immobili, pieni di meraviglia, ad osservare con Fridolin Stier un evento che ci interroga sulla bellezza del creato: “Sul ciglio del prato, nell’erba, vidi, proprio davanti a me, il piccolo foro rotondo nella terra, vidi come un formicaleone, un attimo prima ancora mezzo nascosto, balzasse in avanti, catturasse una formica, trascinandola poi sull’atrio sabbioso fin dentro la sua tana. “Ha visto?” chiesi al teologo che vedeva vicino a me. “Visto cosa?” – “Quello”, gli indicai, “il formicaleone! Quando vedo una cosa del genere non posso fare a meno di pensare a Dio”. – “Dio? Che cosa c’entra questo insetto predatore con Dio?” – “Non lo so, ma qualcosa dentro di me mi trasmette la consapevolezza che Dio ha a che fare con lui” – “Ah, le Vostre strane associazioni con Dio! Di nuovo, sta diventando una fissa cronica, di recente Vi siete fermato davanti ad una pratolina” – “Pensi che sono ancora là … “.
Sono queste immagini che conosciamo bene, se sappiamo ancora incantarci davanti alle meraviglie del creato. E non ci stupisce che basti rimanere ad osservare qualsiasi microcosmo vivente per essere rapiti e capaci di interrogarci su valori universali, su Dio creatore della vita e dei crudeli istinti animali. Coltiviamo il fascino del contemplare i misteri della natura, la capacità di vedere il bello nel creato, anche quando si tratta di una “bellezza tremenda”, con tutte le sofferenze e le catastrofi.
Per questo le immagini poetiche appartengono ai tanti microcosmi che ci offre la natura, appartengono alla bellezza del creato e a noi creature umane. E’ una bellezza che, pur essendo un enigma, ci fa bene, alimenta una spiritualità che fa bene e guarisce.
Così, beneficiamo delle miniature vegetali, che possono essere rappresentate da un fiore. Seguiamo le descrizioni del botanico e vedremo che non possono fare a meno di dire dell’intimità floreale. Nel fiore, lo scienziato botanico rinviene il dolce calore degli spazi racchiusi e la miniatura di una vita coniugale. Ci troviamo immancabilmente a partecipare ad un vegetarismo veramente intimo. Con le miniature dei fiori, effettivamente, attraverso l’adesione alle forze di miniaturizzazione, il mondo vegetale è grande nel piccolo, caldo nella dolcezza, vivente nella forza del verde.
Beneficiamo della contemplazione dei dipinti dei miniaturisti, godremo della pace del mondo in miniatura. Da questi dipinti riceviamo l’impressione della lentezza e attenzione, della cura con cui sono fatti. Come tutte le cose piccole, sono i dipinti che richiedono tanto tempo nella tranquillità dello sguardo e del fare. Immaginiamo le pazienze solitarie dei miniaturisti, la pazienza riposta in quelle mani. Ma non è una prerogativa della percezione, del toccare o del vedere. E’ facile constatare che le miniature, per far sognare, non devono essere necessariamente toccabili, per cui scopriamo che anche le miniature letterarie fanno sognare bene, ci invitano a proseguire il sogno, da cui esse stesse sono state create.
Con la miniaturizzazione rispondiamo all’attrazione per il piccolo, ed è un’esperienza naturale e felice rispondere al richiamo del piccolo spazio, delle minuscole dimore. Con le miniature siamo invitati a vivere quanto il piccolo è profondo ed intimamente grande.
Prendiamo un microscopio, come in La vita di Fixlein di Richter, e ci accorgeremo che “la goccia di Borgogna è, in fondo, un Mar Rosso, che la polvere di ali di farfalla è un piumaggio di pavone, la muffa un campo di fiori e la sabbia un’infinità di gioielli”.
Si finisce di riconoscere il grande valore del piccolo e delle piccole gioie.
Ogni germe di essere è germe di sogni, sogni dell’infinitamente piccolo. “Dopo aver fatto germogliare una noce per quattro giorni, staccai l’embrione a forma di cuore, non più grande di un seme di pera, che si trova tra due cotiledoni, il cui aspetto ricorda il cervello umano. Si immagini la mia emozione quando, sulla piastrina del microscopio, vidi due piccole mani, bianche come l’alabastro, levate e giunte in preghiera. (…) riesco a contare le loro cinque dita, con il pollice più corto, delle vere e proprie mani di donna o di bambino!” Inferno, August Strindberg.
Partecipiamo allo stupore di queste immagini scoperte da Strindberg, nel mondo della piccolezza l’immaginazione non ha confini, tutto si ingrandisce ed assume un aspetto cosmico.
Sognare e scoprire l’immenso nel piccolo è un’esperienza naturale e felice.