Acque vive, nutrienti, violente

 

Acque vive, nutrienti, violente

Gilles Deleuze chiama tutte le apparizioni in movimento del cinematografo “immagini liquide”, e aggiunge: “Ciò che la scuola francese trovava nell’acqua era la promessa o l’identificazione di un altro stato di percezione: una percezione più che umana, una percezione che non era più tagliata sui solidi, che non aveva più il solido come oggetto, per condizione, per ambiente” Immagini in movimento.

Le immagini dei fiumi appartengono all’archetipo del perpetuo fluire, dello scorrere, del continuo dileguare, mutare, vagare fino a terminare (sicuri) nell’uno e nel tutto che è il mare. E’ un fluire e poi un dileguare, sparire, tramontare. Siamo trascinati dalla meravigliosa tensione verso l’abisso, verso l’infinito, questa corrente non permette indugi. Siamo destinati a correre, in cerca di pace.

Il fiume è portatore anche di immagini malinconiche: il fiume che passa e mai ritornerà alla sorgente ci conduce ai ricordi di esseri scomparsi.

Seguiamo questi fiumi e lasciamoci andare docilmente alla “brama meravigliosa d’inabissare”.

Indifferenti alla nostra saggezza
scroscian ben anche i fiumi, e tuttavia

chi non li ama? E sempre mi commuovono
il cuore, quando li sento lontanare,
carichi di presagi, non per la mia strada,
ma la sicura che li guida al mare.

Oblioso di sé, pronto sempre il desio
degli Dei a compiere, troppo docile
ciò che è mortale, ad occhi aperti
correndo rapido per il suo sentiero,

prende la via più breve del ritorno nel tutto;
così precipita il fiume in cerca di pace, lo strappa,
lo trae contro sua voglia, di scoglio
in scoglio, giù, senza alcun freno,

la brama meravigliosa d’inabissare,
e appena dalla terra sorta, lo stesso dì,
torna piangendo al luogo della nascita
da purpurea altezza nuovamente la nuvola.

Voce del popolo, Friedric Holderlin

Holderlin canta il desiderio di pace e di infinito, “cos’è che ci fa amare i fiumi”, ed è una cosa che ci riguarda.

Ascoltiamo lo scrosciare del nostro fiume in lontananza, misterioso e carico di buoni presagi, in un ciclo eterno che ci rassicura.

il suono buono dell’acqua che esce,
il suono fresco dell’acqua che nasce.

Sorgente, Roberto Piumini

Immaginiamo il suo correre rapido, precipitare lungo il sentiero segnato. E’ la brama meravigliosa di inabissare che “lo strappa, lo trae contro voglia, di scoglio in scoglio, giù, senza alcun freno”.

Forse ciò che ci fa amare il fiume è proprio questo suo dimenticarsi, ogni volta, questo suo affidarsi totalmente, fino ad inabissarsi, sicuro di trovare pace.

Immagina: ora possiamo riposare con il mare, lo scroscio dei fiumi è lontano.

Il ciclo si ripete:

Alle sue ferme sponde riposa e dorme
l’antico mare e la montagna sorge
col suon dei suoi fiumi; ondeggia e scroscia
la sua verde foresta da valle a valle giù,
e in alto s’indugia la luce, l’Essere calma
lo spirito e il più segreto struggimento …

Empedokles auf dem Atna, atto 1, scena 11, Friedrich Holderling

E’ un ciclo alimentato da una sorgente meravigliosa ed inesauribile. Il Signore è “sorgente d’acqua viva”, così proclamava il profeta Geremia e rimproverava il popolo per aver costruito “cisterne screpolate, che non tengono l’acqua” (2,13). Gesù stesso esclamerà ad alta voce: “Chi ha sete venga a me e beva, chi crede in me” (Gv 7,37-38). Nel pieno meriggio di un giorno assolato e silenzioso, promette alla donna samaritana: “Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4,14).

O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco,
di te ha sete l’anima mia,
a te anela la mia carne,
come terra deserta, arida, senz’acqua.

Salmo 62 – L’anima assetata del Signore

Con il commento di Giovanni Paolo II, le immagini di questa sete si moltiplicano: “È l’alba, il sole sta sorgendo nel cielo terso della Terra Santa e l’orante comincia la sua giornata recandosi al tempio per cercare la luce di Dio. Egli ha bisogno di quell’incontro col Signore in modo quasi istintivo, si direbbe “fisico”. Come la terra arida è morta, finché non è irrigata dalla pioggia, e come nelle screpolature del terreno essa sembra una bocca assetata e riarsa, così il fedele anela a Dio per essere riempito di Lui e per potere così esistere in comunione con Lui”.

Le parole della bocca dell’uomo sono acqua profonda,
la fonte della sapienza è un torrente che straripa.

Proverbi 18, 1-24

Anche i poeti ci donano immagini cosmiche di acque vitali e rigeneratrici, immagini della giovinezza delle acque e delle parole.

Stamani mi sono disteso
in un’urna d’acqua
e come una reliquia
ho riposato.
L’Isonzo scorrendo
mi levigava
come un suo sasso.
Ho tirato su
le mie quattr’ossa
e me ne sono andato
come un acrobata sull’acqua.
Mi sono accoccolato
vicino ai miei panni
sudici di guerra
e come un beduino
mi sono chinato a ricevere
il sole.
Questo è l’Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
una dolce fibra
dell’universo.

I fiumi, Giuseppe Ungaretti

Quando siete stanchi e afflitti dagli strascichi delle guerre della vita, godete del riposo cosmico e rigenerante di queste immagini: distendetevi finalmente sul letto del vostro fiume, la corrente delle acque vi libererà da preoccupazioni e rancori. Allora, potrete tirar su le vostre quattro ossa e camminare sulle acque. Così potrete mettervi al sole e rinascere.

E una volta riacquistata intimità cosmica con le immagini elementari e naturali, possiamo sentirci “una dolce fibra dell’universo”.

Non perdiamo la speranza! Così mentre cerchiamo l’acqua del deserto

Un ruscello scorre
in un deserto senza erba
alla ricerca
di chi ha sete.

Un lupo in agguato, Abbas Kiarostami

Segnati dal misterioso destino, affidiamoci alla fantasia che si nutre degli elementi naturali; per l’immaginazione poetica tutto ciò che scorre è acqua e vitalità, è fantasia:

Come la schiuma del mare galleggi
sulla vita, resisti ad ogni ondata,
ogni ondata ti genera, incantevole
fantasia di un mattino rosa e oro.
Le tue oscure ragioni non ignoro,
non velo, cara al mio petto ti stringo,
come giovane madre il suo bambino,
vestito di soavità, giocondo,
io che ho messo lo sguardo fino in fondo
al mio cuore, al mio triste cuore umano.

Parole, Fantasia, Umberto Saba

La fantasia naturale comunque galleggia, si rigenera ogni volta e resiste sulle onde della vita, teniamocela stretta col suo mistero e grande valore, ce lo dice un grande poeta che ha saputo farci guardare a fondo nel cuore umano.

Immaginiamo di lasciarci andare e immergerci in un paesaggio naturale, al fresco canto di un ruscello, nel felice passaggio, dalla visione cosmica celeste alla visione del laborioso mondo in miniatura.

or rivolto il fianco al ruscelletto
io mi fermava a riguardar le nubi,
che tremolando si vedean riflesse
nel puro trapassar specchi dell’onda:
poi del gentil spettacol già sazio,
tra i cespi, che mi fean corona e letto,
si fissava il mio sguardo, e attento e cheto
il picciol mondo a contemplar poneami,
che tra gli steli brulica de l’erbe,
e il vago e vario degli insetti ammanto,
e l’indole diversa e la natura.

Sciolti al principe Ghigi, Vincenzo Monti

E’ proprio dell’audacia dei poeti trasportaci così felicemente da immagini cosmiche a microcosmi naturali, presi dall’incanto del picciol mondo. E’ comunque un andare in immersione nei gentili spettacoli della natura.

Ci dilettiamo ancora ad accompagnare i ruscelli, a camminare sugli argini, guardando ed ascoltando il senso dell’acqua che scorre, dell’acqua che dice e non dice. Basta stare seduti in riva ad un ruscello che una fantasia profonda ci prende. Non è necessario che i ruscelli siano quelli conosciuti. Tutte le fontane e tutte le acque senza nome conoscono i nostri segreti.

Stare lungo il ruscello è una postazione in solitudine e un archetipo che alimentano continuamente immagini poetiche: “Io mi stendo nell’erba alta lungo il ruscello scrosciante e, così vicino alla terra, mille strane erbette mi si mostrano nella loro realtà; quando sento vicino al mio cuore il brulichio del piccolo mondo in mezzo agli steli, le numerose incomprensibili figure dei bruchi, dei moscerini, e sento insieme la presenza dell’Onnipotente che ci ha creati secondo la sua immagine, l’alito del Supremo Amore che ci porta e ci sostiene in un’eterna delizia” I dolori del giovane Werther, Wolfgang Goethe. E’ nel piccolo mondo naturale che scopriamo felicemente la presenza dell’Onnipotente, se riusciamo a stupirci davanti ai microcosmi che animano la natura. Il poeta a sua volta alla meraviglia aggiunge la gioia di parlare.

Lasciamoci andare a queste immagini primordiali. Con i poeti siamo in contatto con uomini dalla parola nuova, una parola che non si limita a esprimere idee o sensazioni, ma che si sforza di avere un avvenire. Forse per questo leggendo i poeti, singole e isolate immagini, e scoprendo in noi lo spirito poetico, ci sembra di rinascere. I poeti risvegliano l’infanzia delle acque ridenti con una rumorosità gaia: sono immagini presenti in noi, partecipano all’ingenuità dello stupore, fanno glu-glu, con lo stesso tono del bambino poppante. Ascoltiamo con questa ingenuità il canto del ruscello, è un canto di giovinezza, o meglio è l’infante in noi che prende voce e che vuole restituirci il risveglio naturale, il risveglio della natura.

Spumeggiante, fredda
fiorita acqua dei torrenti,
un incanto mi dai
che più bello non conobbi mai;
il tuo rumore mi fa sordo,
nascono echi nel mio cuore.
Dove sono? Fra grandi massi
arrugginiti, alberi, selve
percorse da ombrosi sentieri?
Il sole mi fa un po’ sudare,
mi dora. Oh, questo rumore tranquillo,
questa solitudine.
E quel mulino che si vede e non si vede
fra i castagni, abbandonato.
Mi sento stanco, felice
come una nuvola o un albero bagnato.

Torrente, Attilio Bertolucci

Sono versi che ci invitano ad una fusione nel suono e nell’acqua del torrente. Ascoltiamo da dentro, tutto si fa vago, fino a sentire la stanchezza buona e felice. Ma felici come? E qui il poeta ci sorprende con immagini di felici fusioni con la natura: come una nuvola o un albero bagnato: l’acqua si fa aerea, l’albero bagnato beve l’acqua. Non vogliamo parafrasare versi, vogliamo soltanto rimanere incantati da questa solitudine ad ascoltare questo rumore tranquillo, di un’acqua spumeggiante, fredda, fiorita. Da questo incanto, insieme al poeta, potremo cogliere echi nel nostro cuore e sentici stanchi e felici.

Ancora, lasciando l’acqua che scorre ridente, immaginiamo l’ondina che scorre senza rumore sullo stagno e si nutre del suo riflesso.

Partecipiamo al dolce risveglio sull’acqua e nel sole, evocato da Cesare Pavese:

Stamattina la vita ci scorre sull’acqua
e nel sole.
(…)
Non c’è voce che rompe il silenzio dell’acqua
sotto l’alba. E nemmeno qualcosa trasale
sotto il cielo. C’è solo un tepore che scioglie le stelle.
Fa tremare sentire il mattino che vibra
tutto vergine, quasi nessuno di noi fosse sveglio.

Creazione, Cesare Pavese

Questi versi cantiamoli ogni mattina! Sarà ogni volta un risveglio primordiale.

Che grande pace e incantesimo, e che speranza sempre rinnovata danno le immagini dell’acqua che scorre in silenzio sotto il mattino che “vibra tutto vergine”.

Cerchiamo altre immagini delle acque vive, troviamole prima di tutto in noi e per noi.

Bevi l’acqua della tua cisterna
e quella che zampilla dal tuo pozzo,
perché le tue sorgenti non scorrano al di fuori,
i tuoi ruscelli nelle pubbliche piazze,
ma siano per te solo
e non per gli estranei insieme a te.

Proverbi 5, 15-23

Sono immagini primordiali che vanno rianimate in noi.

Quanto benessere e fiducia nella vita ci dà l’immagine di Kiarostami dell’acqua raccolta, voluta, toccata, valorizzata, lodata:

Faccio a forma di coppa
le mie mani
e bevo l’acqua
da una piccola cascata

Che grandezza
nelle mie mani.

Un lupo in agguato, Abbas Kiarostami

E’ un gesto arcaico e dallo straordinario valore universale, che posso cogliere soltanto se risveglio l’antico stupore capace di farci scoprire “che grandezza nelle mie mani!”.

Ci sono acque nutrienti, acque vitali, acque-cibo.

I poeti ci donano immagini di queste acque del cielo generate dalla maternità cosmica: acque appaganti, latte benefico, che hanno dimora nel cielo.

Non appena l’acqua viene cantata con fervore, non appena si esprime il sentimento di adorazione per la maternità delle acque, si risveglia il nostro spirito poetico e l’acqua diventa latte. Nei giorni felici della nostra vita, l’acqua è la sostanza della vita, il latte della terra.

Sono le acque del cielo che Nietzsche chiama “vacche del cielo”, destinate a rianimare la terra con il latte nutriente, quando abbiamo bisogno di dolcezza, d’ombra, di acqua.

Il latte nutriente possiamo trovarlo nel mare della vita. Guardiamo i pesci pigramente nutrirsi di esseri microscopici: aprono la bocca e aspirano, si nutrono come un embrione al seno della madre comune. Nessuno sforzo di movimento, nessuna ricerca di cibo. La vita deve scorrere come un sogno. La fame è solo per la terra. Sono immagini della maternità delle acque, del mare materno: l’acqua è un latte, un elemento tiepido e fecondo.

Queste immagini primitive dell’acqua materna ci appartengono, “l’acqua è un autentico elemento psichico, un elemento che raccoglie le immagini nei nostri sogni come nei nostri pensieri, un elemento che regna nel nostro conscio come nel nostro inconscio, un elemento che amiamo in noi e fuori di noi, una bevanda e un filtro, una realtà e una potenza. Seguendo le immagini dell’acqua, il poeta è certo di trovare un elemento della poesia universale.” La poesia della materia, Gaston Bachelard

Non preoccupiamoci. Abbandoniamoci con fiducia in questo habitat (psichico) autonutriente, senza il pensiero di doversi procacciare il cibo e di mangiare. Immaginiamo di incontrare nel sogno una vasca di latte. Dopo aver immerso le mani e bagnato le labbra, siamo presi da un desiderio irrefrenabile di bagnarci tutti. Ci spogliamo e scendiamo nella vasca. Siamo circondati da immagini sconosciute di fanciulle fluide, che si fondono le une nelle altre, in modo che il delizioso fluido si incolli sul nostro petto, come un dolce seno. Il latte è caldo, dolce, tiepido, avviluppante, protettore, ci avvolge per intero e ci penetra intimamente. Questo latte porta un benessere sostanziale, offre la tranquillità ad ogni nostra agitazione. Ci nutre di fiducia nella bontà della creazione continua.

Nell’immaginario delle acque vive nutrienti, energetiche, come non lasciarsi prendere dall’immagine tutta dinamismo dell’acqua viva dello Spirito Santo: ”A somiglianza di un torrente che si getta impetuoso nell’oceano e travolge dietro di sé tutto ciò che ha trovato sul suo passaggio, così, Gesù mio, l’anima che si sprofonda nell’oceano del tuo amore, attira con sé tutti i tesori che possiede” Storia di un’anima, Teresa di Gesù Bambino. Nello slancio di immaginazione della piccola santa, i fiumi d’acqua viva che vengono dal Cuore di Gesù ritornano a Lui con la stessa potenza travolgente. Così Teresa si sprofonda nell’oceano dell’Amore di Gesù, non sola, ma con una moltitudine immensa di fratelli, e possiamo dire con tutti gli uomini, poiché pregava con fiducia per tutti, sperando la salvezza di tutti.

Il papa Paolo VI nella enciclica “Octogesima adveniens” (n. 37) dice che “Lo Spirito Santo del Signore che anima l’uomo scompiglia senza posa gli orizzonti dove la sua intelligenza ama trovare le proprie sicurezza e sposta i limiti dove vorrebbe chiudere volentieri la sua azione”. Tonino Bello afferma che lo Spirito Santo ci libera dal “complesso dell’ostrica”: “Siamo troppo attaccati allo scoglio. Alle certezze. Ci piace la tana. Ci attira l’intimità del nido. Ci terrorizza l’idea di rompere gli ormeggi, di avventurarci sul mare aperto. Se non palude, ci piace lo stagno.“

Sono i santi e i poeti, con parole nuove ispirate, a lasciarsi portare dall’impeto dello Spirito Santo.

Sanno guardare l’invisibile oltre il limite che appare all’umano, sanno ascoltare il vento che soffia dall’Alto, dal Cielo, da Dio. Non lo si vede, ma si fa sentire; non ha un volto da offrire alla visione ma fa avvertire la sua presenza: è una forza che afferra tutta la persona, è un fuoco che riscalda e illumina “dentro”, è un impulso irresistibile che parte dal più profondo e investe vita, lavoro, aspirazioni e progetti. La sua azione segreta e discreta si manifesta nel fare cose belle, nelle ispirazioni, nelle illuminazioni improvvise, negli eroismi di carità, nella forza di svincolarci dalla stretta delle numerose schiavitù del male, della paura, del conformismo, e ci fa risultare persone nuove, coraggiose, ricche di slanci e di creatività. 

Lo Spirito Santo è fantasia, è sorgente di nuove prospettive, di progetti coraggiosi e innovativi, è stimolo per il futuro. Quando il suo soffio incontra una vela qualsiasi disposta a lasciarsi investire, avvengono miracoli.

Ci sono poeti delle acque che invece ci offrono immagini troppo umane, immagini di volontà di potenza, di orgoglio per un’avversità superata, come per aver sconfitto un avversario, oppure per aver superato le prime paure per il salto nel mare. Sotto questa energia, c’è l’annegato immaginato, perché la lotta non è solo contro l’acqua bensì contro l’acqua pericolosa, minacciosa.

Ma prima di sognare l’esperienza del nuoto, ricordiamo il primo nostro salto nel mare, riviviamo gli echi di un’iniziazione pericolosa, di un’iniziazione ostile, che non deve necessariamente appartenere alla nostra storia. Il primo salto nell’acqua rappresenta l’immagine primaria capace di farci vivere qualcosa del salto nell’ignoto. Restituiamo dunque all’iniziazione i suoi caratteri veramente drammatici. Ci stacchiamo dalle braccia paterne per essere lanciati nel mare come un sasso di una fionda. Proviamo un’impressione amara di ostilità. Nostro padre ride, con un riso beffardo, che ferisce. Mentre noi, dopo la prova, che è stata molto breve, ridiamo con schiettezza, il coraggio conquistato maschera il senso di rivolta originario, la vittoria facile, la gioia per essere stati iniziati. L’orgoglio di essere diventati come nostro padre supereranno ogni rancore. Il benessere del nuoto poi cancellerà ogni traccia dell’umiliazione originaria avuta.

Impariamo a nuotare con Richard Wagner. Wagner con la sua musica ci invita a nuotare e a planare: con la sua melodia infinita si entra nel mare, l’acqua è tiepida, a poco a poco non si tocca più, fino a lasciarsi andare in balia dell’acqua e nuotare senza sforzo.

Ora possiamo rivivere l’esperienza del nuoto, anche immergendoci nell’acqua fredda del mare. Riusciamo poco a poco a vincere il freddo, fino a provare una sensazione di calda circolazione. Sentiamo una freschezza tonificante. Il mare è felice e buono. Ci abbandoniamo come meduse nell’acqua. Galleggiamo e nuotiamo con leggerezza, accarezziamo le correnti.

Il mare è preso da un improvviso corruccio, diventa cattivo. Brontola e ruggisce. Le onde schiumose ci urtano contro, sono colpi da affrontare come colpi sferrati da un avversario. Inizia la lotta contro le onde violente. Ogni onda ci fa soffrire, ogni flutto è sferzante come una frusta. Con alcune bracciate vigorose e un petto audace, opponiamo resistenza a queste onde. Non rispondiamo alla sfida e alla collera delle onde, avanziamo con calma e coraggio. E le onde sembrano lasciarsi contagiare dalla nostra calma, come se ci obbedissero. Torna la quiete dopo la tempesta.

Immaginiamo di non amare di essere eroi delle acque violente, nuotatori coraggiosi contro corrente, faccia contro le onde. Tutto questo nasce da un conflitto immaginato, dal sognare il mare come un nemico che tende a vincere e che occorre vincere. Lasciamo queste immagini. Siamo il nuotatore che può affermare: il mondo è la mia volontà, il mondo è la mia provocazione. Sono io che agito il mare. Sono un nuotatore che, pur essendo in empatia con il mare e mosso dalla volontà di potenza, comanda e predica la calma.

Con semplici e pacate bacchettate, le passioni ed agitazioni disordinate delle acque sono placate:

Contro di me vi adirate
Irose vi alzate fremendo? Voi onde? Voi capricciose?
Con il mio remo percuoto
La vostra stoltezza sul capo

Ditirambi di Dioniso e Poesie postume, F. Nietzche

Immaginiamo un personaggio di campagna, diventare da essere della terra un essere acquatico: la Melusina di Jacques Audiberti, rievocata da Bachelard.

E’ attratta dal lago, il lago la rende sola, quando entra nell’acqua verde il lago diventa un universo, ed ecco si tuffa per fondersi con questo universo. Tutto intorno è mormorio, risucchi, fiori avvolgenti, acqua e cielo blu. Ad ogni bracciata il mondo delle acque reagisce in maniera diversa. Melusina dimentica la terra, per fondersi con le acque. Sconfessa il proprio essere terreno. Ama l’acqua con un amore cosmico. Bagnata fino al profondo dell’anima, ritrova il mondo puro: prima dell’acqua non c’è nulla. Sente quasi di essere acqua del lago. Una volta uscita dall’acqua, l’acqua si alza con lei: Melusina mantiene l’energia della nuotata, conserva l’acqua dolce e l’acqua vigorosa, dinamica.

L’audacia del poeta scopre una continuità sognante tra le immagini del nuoto e le immagini del volo. Nello stesso limpido specchio del lago il cielo diventa un’acqua aerea. L’acqua che riflette il cielo dà profondità al cielo. Il raddoppiarsi del cielo nelle acque limpide e profonde, questo cielo chiuso dall’acqua di uno stagno ci restituisce l’anima che sogna guardando il mondo in fondo all’acqua, e vedere in questa profondità è vedere nell’anima, nel nostro cielo interiore.

Così per la Melusina acquatica il cielo è un richiamo della profondità del cielo, per realizzare la spinta alla verticalità verso l’alto dell’essere umano: dalla profondità delle acque alla profondità del cielo, dall’acqua vigorosa Melusina trae le forze per un tuffo nel cielo, per acquistare l’essere di una Melusina delle arie: Melusina sogna insieme la leggerezza del cielo e il vigore del lago. Tenta il nuoto nel cielo. Sente che può volare. Assecondiamo questa fiducia.

Noi sognatori, assecondando col nostro spirito poetico la fantasia del poeta, annulliamo in noi l’essere della terra e lasciamo nascere in noi l’essere delle acque. Per amare l’acqua dobbiamo sconfessare il nostro essere terreno. Possiamo come per Melusina far essere acqua tutto il mondo? Ma spingiamo l’immaginazione ancora di più. Uniamo i sogni del nuoto con quelli del volo, uniamo attraverso il riflesso l’acqua e il cielo, il blu cupo del lago e l’azzurro del cielo. Facciamoci sentire leggeri dalle immagini del poeta. Sogniamo di volare. Il sogno del volo ci apre un mondo, è apertura al mondo, grande apertura. Il poeta con Melusina ci insegna a tenere viva questa apertura al mondo.