Che cosa sono le nuvole?

 

Che cosa sono le nuvole?

Nel finale del film Che cosa sono le nuvole? di Pier Paolo Pasolini, i burattini vengono presi da Modugno netturbino canterino e gettati nella discarica, Totò–Iago e Ninetto Davoli-Otello, distesi e possono guardare per la prima volta il cielo:

Otello: ihh, ihh che so quelle?!

Iago: Quelle sono le nuvole

Otello: e che so ste nuvole?! Quanto so belle, quanto so belle!

Iago: Ah straziante meravigliosa bellezza del creato.

E’ lo stupore della prima scoperta del cielo. Da quel momento saranno iniziate le fantasie sulle nuvole, fantasie agili ed effimere, senza responsabilità; il cielo, le nuvole sono fra gli ispiratori più fantastici di immagini poetiche. Sono l’oggetto di un onirismo in pieno giorno.

Nel rispondere a Iago-Ninetto Davoli, immaginiamo di descrivere ed amare le nuvole con Hermann Hesse: “Sono gioco e conforto agli occhi, sono benedizione e dono di Dio, sono collera e potenza mortale. Sono tenere e delicate e pacifiche come le anime dei neonati, belle, ricche e generose come angeli buoni, scure, inesorabili e spietate come gli araldi della morte. Si librano argentee a strati sottili, veleggiano ridendo bianche e orlate d’oro, si soffermano a riposare tinte di giallo, di rosso e d’azzurro. Strisciano sinistre e lente come assassini, passano sibilando a rompicollo come folli cavalieri, pendono tristi e sognanti in pallide altezze come malinconici anacoreti. Assumono la forma di isole beate e di angeli benedicenti, somigliano a mani minacciose, a vele schioccanti, a gru trasmigranti. Si librano fra il cielo di Dio e la povera terra come belle similitudini dell’umana nostalgia, appartenenti all’uno e all’altra, sogni della terra, nei quali la loro anima contaminata si stringe al cielo puro. Sono l’eterno simbolo del viaggiare, della ricerca, del desiderio e della nostalgia. E come pendono pavide, desiderose e caparbie fra cielo e terra, così le anime umane pendono pavide, desiderose e caparbie fra il tempo e l’eternità. Oh, le nuvole belle, sospese, instancabili!” Peter Camenzind, Hermann Hesse.

Hermann Hesse ci insegna che per conoscere bisogna prima provare stupore e amare. Pieni di meraviglia potremo ri-conoscere e potremmo risvegliare immagini primarie, in sintonia col fenomeno mutevole delle nuvole. Così potremo sognare con le nuvole la trasformazione, sovrapponendo la fantasia al fenomeno mutevole, a partire dalle trasformazioni di figure di animali, di animali che si trasformano e possono sparire sotto i nostri occhi senza soffrire. Come accade anche ai bambini, potremmo, con la fantasia, ordinare queste trasformazioni.

Certe volte sono bianche
e corrono
e prendono la forma dell’airone
o della pecora
o di qualche altra bestia
ma questo lo vedono meglio i bambini
che giocano a corrergli dietro per tanti metri

Le nuvole, Fabrizio De Andrè

Troveremo sempre una nuvola da trasformare in un elefante, in un …

Con gesti facili e grandiosi insieme ci ergiamo a maestri e profeti, predicendo ciò che accadrà da quello che stiamo vedendo nel cielo. Le nuvole diventano tutte messaggere.

Shelley fa parlare in prima persona una nuvola antropomorfizzandola e facendola assurgere a simbolo della trasformazione: «mi trasformo, ma mai potrò morire».

In fondo è questa l’essenza della nuvola, la sua vocazione, la sua logica, la sua morale: trasformarsi in continuazione, essere il simbolo vitalistico della metamorfosi cosmica, il simbolo eterno dell’invito al viaggio.

La nuvola docile s’abbandona ai venti e così facendo si trasforma in un’immagine ora mite, soave, luminosa, ora minacciosa e cupa, foriera di bel tempo o di tempesta. In una poesia di Victor Hugo, la nuvola viene felicemente accostata alla volubilità della condizione umana in quanto alternanza di bel tempo e tempesta.

Che bella nube, o Vergine! Somiglia a noi mortali;
tu la vedrai fra poco sovra la nostra testa
nei campi della luce accumular tempesta,
volgere in lampi i raggi del sole trionfali.

Oh, la sostenga in volo col suo benigno anelito
ancor a lungo un angelo, quale l’hai vista Tu!
Perché se a noi discende, la nuvola dei cieli
non è che una nebbia quaggiù.

Vedi? Stamane è nata per adornar la sera.
Il grande astro che genera luci meravigliose
muta in corteggio ardente le nuvole gelose:
avvolte dall’invidia, più grande il genio impera.

La tempesta che fugge, da un turbine è seguita;
pochi bei giorni ha l’anima; pur, nel suo cielo oscuro,
l’amor, sole divino, può d’un incendio puro
la nube dorar la vita.

Ah, la tua bella nuvola somiglia a noi mortali:
Tu la vedrai fra poco sovra la nostra testa
nei campi della luce accumular tempesta,
volger in lampi i raggi del sole trionfali.

La nuvola

Lasciamoci andare a contemplare il gioco di trasformazione delle nuvole, la mente assume la giusta disposizione, attenta e al tempo stesso trasognata. Deliziamoci di come le nuvole, nelle forme sempre cangianti, manifestino tuttavia sempre un principio di unità. Elemire Zolla osserva: “Chi abbia smarrito il contatto con l’Uno non saprà mai cogliere il tono che unifica i banchi di nubi, perché su di essi è condannato a proiettare inquietudine e noia e paura” Archetipi Aure Verità segrete Dioniso errante, E. Zolla.

Spinti dal desiderio di interpretare il mondo dei vapori, le nuvole e il mondo intero sono nelle nostre mani, diventano una materia (dell’immaginazione) da impastare, da accarezzare come fa la mano dello scultore nel modellare. Noi sognatori siamo plasmatori di nuvole, di una materia aeriforme e in movimento, la sogniamo come fiocchi leggeri di ovatta:

Mi piace il tuo riposo
lanoso e biondo sull’omero
del monte, nuvola d’estate.

Nuvola d’estate, Idilio Dell’Era

Ma raramente le nuvole sono materia di riposo, piuttosto sono materia che mette in movimento. Sì, la materia sognante è data dalla sintesi di trasformazione e movimento. Forme e movimento convivono: le forme sono in movimento e il movimento le deforma continuamente. E’ tutto un universo di forme in continua trasformazione. Ma non è questo il primo compito della poesia! Liberare in noi una materia che vuole sognare, fare del mondo in movimento, di un universo di forme in perenne trasformazione un divenire poetico.

“La nuvola, movimento lento e tondeggiante, movimento bianco che precipita senza rumore, libera in noi una vita immaginaria tenera, tornita, lattiginosa, silente e fioccosa” Le nuvole, Gaston Bachelard.

Rispondiamo all’invito al viaggio delle nuvole, le nuvole passando e ripassando pazientemente nel cielo blu porteranno via con loro ogni preoccupazione, ogni malinconia. Perdiamoci nel cielo, fantastichiamo nel vento, tra le nuvole: “Si apre il cielo dove corrono le nuvole. Nella forma che il caso e il vento danno alle nuvole, l’uomo è già intento a riconoscere figure: un veliero, una mano, un elefante” Le città invisibili, Italo Calvino.

Le nuvole aleggiano sul paesaggio. Come accadde all’uomo arcaico, continuano ad apparire come mandrie di mucche o greggi di pecorelle. Quando l’anima è in pace, questo spettacolo è armonioso, ricco e gioioso. Tutto è in movimento rallentato. E’ un invito al viaggio quello delle nuvole in movimento, che è un invito al volo leggero delle nuvole: i poeti ci dimostrano che c’è continuità del volo fantastico e del viaggio nelle nuvole.

Viviamo questa fusione del volare e del navigare nella lentezza che segue il passo dell’eternità.

Facciamoci leggeri, lasciamoci trasportare dal vento, portar via dalle nuvole. Liberati dalla pesantezza, tutto ci conduce verso l’alto, verso le nuvole, verso la luce, verso il cielo: non ci resta che salire su una nuvoletta leggera, impareremo non solo a volare, anche a vogare sulle nuvole, a nuotare tra cielo e mare. Ma attenzione si può nuotare nell’aria, ma non si vola nell’acqua. L’immaginazione può continuare nell’aria i propri sogni d’acqua, ma non è in grado di realizzare la sua trascendenza immaginaria inversa.

E se la fantasia riguarderà l’evaporazione della nuvoletta nell’azzurro del cielo, parteciperemo con tutto noi stessi ad una sublimazione totale. Faremo il viaggio estremo: le trasformazioni si semplificano fino a divenire pura luce, insieme ad una profonda impressione di pace e di serenità, disposizione ad un’estrema benevolenza …

Cantiamo con Modugno il ritornello della canzone del film di Pier Paolo Pasolini “Che cosa sono le nuvole?”

E tutto il mio folle amore
lo soffia il cielo
lo soffia il cielo
così

Cantare, amare è sentirsi di stare o viaggiare tra le nuvole, è porre con leggerezza la “testa tra le nuvole”. Con l’amore, lasciamo ogni illusione di padronanza. L’immaginazione sorride, è priva preoccupazioni e di responsabilità. Lo stesso gioco di forme delle nuvole avviene da solo, oppure, come fantasticano spesso i bambini, è la loro fantasia a comandare il mutare delle nuvole imponendogli ordini.

Le nuvole cantate dai poeti ci insegnano a sognare il mondo: “osservando la forma delle nuvole, ho imparato che cos’è un mare limpido o minaccioso, un continente in piena luce, un promontorio, un’isola o una estesa di montagne, le cui cime nevose sono illuminate dal sole. Là, i miei pensieri hanno contratto l’abitudine di seguire le metamorfosi indefinibili delle forme in movimento. Quest’attitudine mi è rimasta e non me ne dolgo. Nulla è, più di essa, favorevole ai sogni (…) Essa mi permette di camminare tra cielo e terra, senza temere le vertigini, anche adesso”. Tonino, Henri Bosco

Impariamo allora a sognare dalle nuvole, dalla materia aeriforme che si adatta alla volontà e all’immaginazione del sognatore. Hermann Hesse ci invita ad imparare dalle nuvole amandole, entrando in belle similitudini dell’umana condizione, in sintonia e fusione con il loro movimento, con il loro passare attraverso: “Ero fanciullo, ignorante, e le amavo, le guardavo e non sapevo che anch’io sarei passato come una nuvola attraverso la vita, migrando forestiero dappertutto e sospeso fra il tempo e l’eternità. Fin dall’infanzia mi sono state care amiche e sorelle. Non posso passare per la strada senza che ci scambiamo un cenno, che ci salutiamo e ci soffermiamo un istante a guardarci. Né ho dimenticato ciò che allora da esse imparai: le forme, i colori, i lineamenti, i loro giochi, le danze e i riposi, e le loro strane storie terrene e celesti” Peter Camenzind, H. Hesse.

Non penseremo alle nuvole basse, pesanti, tenebrose, perché ci opprimono e le sentiamo come un male del cielo. Se dense, le nuvole ci turbano.

Immaginiamo questa casa tra le nuvole:

Verso Ponente c’è una casa altissima,
il suo tetto è al livello delle nuvole;
leggere tende ricamate velano
le sue finestre; la sua torre a mensole
posa su tre gradini.
Dall’alto giunge un suono
di strumenti e di canto.

19 Vecchi Poemetti, Liriche Cinesi, Anonimo

Avrò tempo domani
a rinchiudermi e stringere i denti. Ora tutta la
vita sono le nubi e le piante e le vie, perdute nel cielo.

Canzone, Cesare Pavese.

Immaginiamo una nuvola come protezione o come tappeto? Preferiamo proteggerci con l’ombra o farci guidare dall’ombra che fa sulla terra?