Respirare con il mondo

 

Respirare con il mondo

Guardando la luna
respirava la notte.

Abitudini, Cesare Pavese

Che dimensione cosmica, non c’è soggetto che guarda e che respira. E’ la notte, è lo spirito poetico e la luna. Che buona respirazione cosmica! Quando colui che allena l’immaginazione ha eliminato ogni preoccupazione che assilla la vita di ogni giorno, quando si è liberato dell’ansia che gli è trasmessa dalle ansie altrui, quando è veramente nella sua solitudine, quando può fantasticare senza contare il tempo che passa, sente un essere che si apre in lui: egli si apre al mondo e il mondo si apre a lui.

E’ un perdersi e confondersi nella quiete antica evocata da Leopardi:

Ond’io quasi me stesso e il mondo obblio
Sedendo immoto; e già mi par che sciolte
Giaccian le membra mie, né spirito o senso
Più le commova, e la quiete antica
Co’ silenzi del loco si confonda.

La vita solitaria, Canto XVI (I Canti)

Traiamo da questi momenti tutto quello che possiamo, ponendoli al centro della esistenza nostra e di tutto il creato. Sciolti, apriamoci alla buona respirazione cosmica, seguiamo l’eco del tempo eterno che segue l’ordine del sole, le leggi del cielo, e che può ripetersi in noi … Sentite che benessere, che grazia lasciarsi condurre dall’ordine naturale e rassicurante delle ore: ”che si svolgevano dentro di me, dal  mattino alla sera, e rialzavano l’ombra al di sopra del tetto, inventavano una vivificante mattinata, infiammavano il mezzogiorno al centro del sole, trasferivano lentamente il valore del pomeriggio nella calma della sera, e destavano infine, in attesa della notte imminente, dapprima ad est, poi a ponente, i primi fuochi celesti (…) I giorni spuntavano regolarmente, regolarmente scendevano le sere. Il loro alternarsi rassicurava lo spirito e dava ai lavori dei campi un ordine pacifico. Persino le intemperie rientravano in quell’ordine senza potersene svincolare, tanta è la potenza degli astri nell’imporre le leggi del cielo” Tonino, Henri Bosco.

Certo, l’uomo metropolitano non può così respirare, ma la forza dell’immaginazione può sentire e risvegliare con queste immagini originarie in noi il tempo buono:

Vivo

(…)
Conto a sorsi la bontà del tempo
(…)
E procedo col cielo addosso

(…)
Ora assopirsi alle carezze del tempo buono
Ora ristoro

Poesie disperse, Giuseppe Ungaretti

Per godere della tranquillità dell’anima occorre sentire e risvegliare insieme il tempo buono e il respiro buono. E’ impossibile avere un placido ritmo nel respirare ed essere scossi da ira, invidia, gola … Santa Teresa di Gesù, nel El Castillo interior, osserva che le operazioni mistiche “sono soavi e pacifiche, mentre ciò che vien fatto con pena è più di danno che di vantaggio; chiamo fatte con pena quelle azioni che vogliono uno sforzo, come trattenere il fiato”.

La tranquillità e il respiro in silenzio sono il legame che unisce il mondo e chi sogna, il sognatore e il suo mondo: attraverso l’aria e la tranquillità si aspirano lunghi silenzi luminosi: ”Oh, come questo silenzio attinge il suo puro respiro alle profonde cavità del petto! Oh, come sta in ascolto questo silenzio beato!” Così parlò Zaratustra, F. Nietzsche.

Leggendo i poeti e i santi, la respirazione normale cessa, viene sostituita da una sorta di respirazione interiore, come se accogliesse un altro essere che respirasse nella persona, e non è il poeta che leggiamo ma il poeta universale che in noi: il poeta. Così un sognatore si nutre delle belle immagini del mondo, si lascia andare all’immaginazione di una fusione dolce con la natura che il poeta rinnova:

Bosco Cappuccio
ha un declivio
di velluto verde
come una dolce
poltrona

Appisolarmi là
solo
In un caffè remoto
con una luce fievole
come questa
di questa luna

C’era un volta, Giuseppe Ungaretti

Abbandoniamoci a queste semplici immagini cosmiche e fievoli: che dolce solitudine, che dolce riposo!

Qui la terra e la luna immote. Mentre il valore e il benessere di un più di leggerezza li ritroviamo nell’essere cullati nel sogno dall’acqua. L’acqua offre immagini della felicità respirata cullata o in sintonia, nelle quali troviamo tutto il nostro benessere psichico. Nell’evocare le immagini delle felicità cullante, associamo al respirare il cullare e immaginiamo come elemento cullante l’acqua, in quanto è l’acqua l’elemento della natura che può veramente cullare – e culla come una madre. E’ lei l’elemento naturale cullante. L’acqua e il mare respirano cullando.

Dall’aria invece siamo portati nell’aria dall’aria, dall’aria in cui respiriamo, seguendo il ritmo del nostro stesso respiro. Con questa adesione al mondo, entriamo in sincronismo e siamo in pace col mondo, respiriamo con calma, abbiamo la certezza di una buona respirazione, ci solleviamo e ci abbassiamo, come una barca su un mare tranquillo, diventiamo tutto respirazione. Come nel ”training autogeno”, il mondo respira in me, io partecipo alla buona respirazione del mondo. Sono immerso in un mondo cullante e respirante. Tutto respira nel mondo. L’atmosfera partecipa ad una respirazione cosmica respirata dalla terra. La terra è vivente, respira come l’uomo respira. L’uomo respira come la terra respira. Respira a pieni polmoni, come la terra respira a piene atmosfere. Respira liberamente, pienamente, largamente.

Non sono rare le immagini dei venti racchiusi nelle grotte: un vento leggero soffia all’ingresso della grotta, è il lieve sospiro della terra. Sì, il grande corpo della terra respira, tutto respira, e noi respiriamo con la terra.

Questa felice respirazione del mondo nel petto umano vive di uno scambio puro, fino in fondo e senza fine, tra il nostro essere e il mondo.

Il carattere cosmico della respirazione è alla base della partecipazione cosmica, e abbiamo tutto da guadagnare quando conserviamo la partecipazione cosmica. L’altezza, la luce, il soffio dell’aria pura possono far respirare meglio, perché fa bene respirare direttamente non solo aria, ma anche luce, così come fa bene partecipare al vento delle vette; sono queste tutte immagini ed elementi naturali che si sostengono a vicenda nel favorire la respirazione cosmica. E quando il vento diventa violento, altro che lottare contro il vento: “Dimenticavo un poco le mie pene e, inebriato dall’aria violenta che pazzamente volava sul fiume, mi abbandonavo al piacere di bere il vento”. Il fanciullo e il fiume, Henri Bosco.

“Bere il vento”, quale respirazione e partecipazione possono essere più profonde e fantasticanti!

L’immagine della terra che respira l’atmosfera come tutti gli esseri viventi, che respira come l’uomo respira è un’immagine cosmica per eccellenza.

Immaginiamo la terra come un’aureola di vapori, come un grande essere vivente che eternamente inspira ed espira, così i vapori, con l’inspirazione, vengono attratti e si condensano formando le nuvole e la pioggia. Ma la terra espirando manda su i vapori d’acqua, diffondendoli negli spazi dell’alta atmosfera, fino a dissolversi e a colorarsi di una brillante tinta blu.

Sono immagini che corrono così facilmente dall’uomo al mondo da farci partecipare ad una dimensione cosmica ed impersonale. Siamo ben lontani dalle ginnastiche respiratorie. E’ lo spirito universale a respirare, in uno scambio d’essere, in una uguaglianza dell’essere che respira e del mondo respirato. E più la respirazione è profonda più ci eleviamo felicemente.

Io respiro, io respiro
Così a fondo che mi vedo
Gioire del paradiso
Per eccellenza, il nostro

Il corpo tragico, Jules Supervielle

Fa bene mettersi in sintonia fino in fondo con i respiri della campagna, vera o immaginaria: “La campagna rimaneva vicinissima, quasi che, in qualche modo, facesse parte della famiglia. La familiarità la rendeva materna. Potevo amarla con fiducia. La sua bellezza era quella di un grande corpo, che respirava quietamente intorno a me. Io respiravo come lei. Come lei avevo quattro respiri, ognuno accordava ad una stagione dell’anno” Tonino, Henri Bosco.

Questo amare con fiducia la campagna è un affidarsi ed immergersi nella stessa atmosfera, è un mettersi in sincronia ritmica col mondo.

A riposo
(…)
Resto docile
all’inclinazione
dell’universo sereno
(…)

L’Allegria, Giuseppe Ungaretti

Occorre immergersi e accondiscendere. E’ ciò che accade con il “training autogeno” dello psichiatra J. H. Schultz. Si tratta di ridare al malato le certezze della buona respirazione: “negli stati che noi tentiamo di indurre, la respirazione diventa spesso, secondo i racconti dei pazienti, una specie di contesto nel quale si muovono (…) Io mi sollevo e mi abbasso respirando come una barca su un mare tranquillo (…) nei casi normali è sufficiente impiegare la formula “respirare con calma”. Il ritmo respiratorio può raggiungere un tale grado di evidenza interiore che si potrà dire “sono tutto respirazione””. Il Training Autogeno, J. H. Schultz.

In questa fusione con l’ambiente, il paziente di Schultz arriva a sentire che il mondo respira in lui, partecipa alla buona respirazione del mondo, è immerso in un mondo che respira. Si può immaginare una fisiologia della terra che ne spieghi la vita. L’acqua, l’aria e il fuoco vengono ad animare la terra. Sono numerose le immagini dell’acqua come sangue della terra e le correnti sotterranee come vene della terra. I venti sono rinchiusi nelle grotte ed hanno origini sotterranee. In natura tutto respira, così anche la terra respira, insieme al nostro respirare.

Tutto respira nel mondo. La buona respirazione, la respirazione salutare è la respirazione del Tutto: la respirazione cosmica. Da questa adesione al mondo si guadagna salute, si raggiunge la piena salute cosmica.

E’ un respirare con il mondo che si alimenta di immagini in una fusione cosmica di respirazione e di immaginazione. Respiriamo e sogniamo. Leggiamo e respiriamo le immagini dei poeti e dei santi.

Respirare, o invisibile poema!
Scambio puro che non ha mai fine tra il nostro essere
e gli spazi del mondo …
Unica onda, di cui
io sono il mare progressivo;
tu, il più economico di tutti i mari possibili,
guadagno di spazio.

Conversations de Goethe avec Echemann

Perché il training autogeno non rimanga una ginnastica respiratoria, occorre quella presa di coscienza della dimensione cosmica che solo i poeti e i santi possono darci, quel respirare coscientemente per il quale l’azione fisica si collega con quella spirituale, e la respirazione da individuale diventa cosmica.

Occidente, troppo occidente! Nella pratica del training autogeno manca quella dimensione sacramentale che ha la respirazione nello yoga. Abbiamo il bisogno esistenziale della fusione di corpo e spirito, di respirazione e immaginazione, per vivere un benessere diffuso. Anche per questo Jung associa il training autogeno allo yoga, attribuendogli come scopo principale il “placare la contrattura della coscienza e la rimozione dell’inconscio che la contrattura stessa ha provocato”. Lo yoga e l’occidente, 1936.

Seguiamo il giovane Siddharta di Hemann Hess mentre impara a percorrere le vie per uscire dal proprio io:”si tirava su a sedere e imparava l’economia del respiro, imparava a emettere poco fiato, imparava a sospendere la respirazione. Imparava, partendo dal respiro, ad assopire il palpito del cuore, imparava a ridurre i battiti, finchè fossero pochi e sempre più radi.

Istruito dal più vecchio dei Samana, Siddharta praticò la spersonalizzazione, praticò la concentrazione, secondo le strane norme degli asceti. Un airone volava sopra il boschetto di bambù e Siddharta assumeva quell’airone nella propria anima, volava sopra boschi e montagne, era airone, mangiava pesci, provava la fame degli aironi, parlava la lingua gracchiante degli aironi, moriva la morte degli aironi”.

Nel caso del training autogeno che suggeriamo non si tratta di padronanza del corpo, di concentrazione e sforzo di volontà. Per praticare la spersonalizzazione basta respirare immagini poetiche cosmiche, preferibilmente in silenzio. Sono immagini universali, più che sociali, che superano ogni pretesa dell’ “io”.

Quando nel training autogeno i pazienti riescono a sbloccarsi, a distendersi, questo sblocco è accompagnato dalla descrizione di una sensazione di levitazione che ci fa pensare alla verticalità dinamica che caratterizza l’immaginazione e lo stesso psichismo umano: è tutto un oscillare tra vetta e baratro, gioia e dolore, slancio e fatica, speranza e rimpianto, soffitta e cantina, conscio e inconscio. In questo oscillare tra due poli, si compie un viaggio che è salita, ascensione, sublimazione, e che trova la sua forma negativa nell’immagine rovesciata della discesa e della caduta.

L’esperienza della caduta è dentro di noi, è un destino da vincere, tanto che ci chiediamo: la felicità dello stato aereo dipende forse dall’aver superato la paura di cadere? Dall’aver successo contro questa paura fondamentale?

Comunque la paura di cadere, di non trovare un sostegno, di venir meno, di avere un mancamento è una paura primitiva. E rispetto all’istinto ascensionale possiamo dire che la caduta è una specie di malattia dell’immaginazione della salita.

“Chi tende continuamente “verso l’alto” deve aspettarsi prima o poi di essere colto dalla vertigine. (…) La vertigine è la voce del vuoto sotto di noi che ci attira, che ci alletta, è il desiderio di cadere, dal quale ci difendiamo con paura”. L’insostenibile leggerezza dell’essere, Milan Kundera

In sospensione, e come nel sogno di volare, anche la sensazione di levitazione del training autogeno contiene due aspetti contrapposti: è al tempo stesso volo leggero e volo pesante, e attorno a questi due caratteri ruotano tutte le dialettiche dell’attività (inspirazione) e della passività (espirazione), della gioia e del dolore. Il paziente che possiede questa esperienza ha percepito comunque, in sé, una leggerezza di tutto l’essere, sostanziale, vera, senza interferenze.

Il fatto è che ad espirare bene, a buttar fuori l’io, a liberare l’uomo da sé servono il riso e il pianto: chi bada al suo ritmo, al suo segreto, ride con chi ride e piange con chi piange, perché entrambi gli atti sono fonti di copiosi e salutari sospiri. Il canto è liberatorio per lo stesso motivo. L’inspirazione e l’espirazione devono avvenire con la coscienza di partecipare ad una respirazione cosmica, e senza sottovalutare che in ciascuno di noi il ritmo della respirazione presenta tratti personali, esprime il nostro modo di essere, è il nostro ritmo. Ascoltando il nostro ritmo del respiro, si può conoscere, infatti, quale è lo stato di salute delle emozioni: l’ansia e la paura accorciano il respiro, stringono la gola e accelerano il battito del cuore, la gioia e la serenità allungano il respiro, lasciano entrare quanto più aria possibile.

Forse questo ritmo respiratorio riguarda tutto il corpo, rimanda al succedersi delle sistole e delle diastole, e più estesamente alle immagini di tensione e di distensione.

Dimmi come respiri e ti dirò chi sei!

“Quando un uomo è capace di sentire nell’anima sua il ritmico palpito della vita che è nell’anima del mondo, ha raggiunto la libertà”. La vera essenza della vita (Sadhana), Rabindranath Tagore.

Ma attenzione, per apprendere il palpito della vita che è nell’anima del mondo, per acquisire la leggerezza del respiro e del volo, non si tratta di inventare o di imparare una tecnica; per respirare leggeri serve una trasformazione sostanziale: il nostro essere da terreno deve diventare aereo. Allora respireremo bene, e tutta la terra, la nostra terra, la terra dentro di noi, diventerà leggera. Allora prenderemo coscienza di partecipare alla respirazione cosmica e alla vita leggera del sogno aereo.

Questo percorso necessita di un lungo apprendistato: “Chi vuole imparare un giorno a volare, deve prima di tutto imparare a stare e andare e camminare e arrampicarsi e danzare: il volo non si impara al volo!” Così parlò Zarathustra, F. Nietzsche.

Si tratta di alleggerirci di tutti i nostri pesi, di tutti i nostri rimpianti, rimorsi, rancori, di tutto ciò che dentro di noi riguarda il peso del passato, e che non potevamo dimenticare. Annienteremo in questo modo il nostro essere pesante, quello che dentro di noi è terra, che dentro di noi è un passato intimo nascosto che continua a pesarci. Solo il nostro essere aereo risplenderà e ci innalzeremo liberi come l’aria, e saremo finalmente sinceri con noi stessi.

Ci sono arie che favoriscono la nostra respirazione tonica e il vivere tutti nel momento presente e libero: un’aria pura, secca, fredda, senza odori, e perciò un’aria buona:

Quest’aria bellissima respirando,
con nari turgide come calici,
senza futuro, senza ricordi …
(…)
qui io siedo, annusando l’aria che è la migliore,
aria davvero di paradiso,
aria lieve lucente, striata d’oro,
tutta l’aria buona che mai
sia caduta dalla luna …

Ditirambi di Dioniso e Poesie postume, F. Nietzsche

Un’aria delle altezze, silenziosa e fredda è quella di Nietzsche e che non tutti sono portati a respirare.

Ma tutti possiamo immaginare il dolce respirare a pieno petto: respirare liberamente, pienamente il mondo, il tempo, la vita. Sono le immagini poetiche a farci respirare a pieni polmoni, cosmicamente. E’ il poeta che ci fa parlare e respirare leggendo. E mentre respira nelle immagini come il mondo respira, in uno scambio di essere, noi respiriamo il mondo respirato. Nella respirazione cosmica è facilitato questo scambio di esperienze con il poeta, ed è uno scambio che ci dà benessere, in quanto soddisfa il nostro appetito di respirare il mondo insieme al mondo che respira.

Immaginiamo, in sospensione, con Marcel Proust: “Un azzurro profondo mi inebriava la vista, impressioni di freschezza, d’abbagliante luce volteggiavano intorno a me, e, ansioso di afferrarle, senza osar muovermi (…) rimasi a titubare come avevo fatto poco prima (col rischio di far ridere l’innumerevole folla di autisti): con un piede sulla pietra più elevata, l’altro su quella più bassa”. Il tempo ritrovato.

Questa frescura basta immaginarla per aver fiducia nella propria potenza e nell’avvenimento che segue. Proviamo la semplice gioia di respirare l’aria pura, tonifichiamoci con la frescura dell’aria:

Nell’aria c’è una promessa,
da bocche ignote un soffio giunge verso me
la grande frescura viene …

Ditirambi di Dioniso e Poesie postume, F. Nietzsche

Respirare quest’aria viva porta alle più alte e alle più fredde solitudini: tante sono le immagini poetiche dell’aria delle alture, fine, viva, sottile, insieme alle immagini della buona, piena, dolce, libera, felice respirazione tonica dell’uomo e del mondo, in uno scambio di essere, in un’uguaglianza dell’essere che respira e del mondo respirato.

“Respirare, per l’uomo, è una necessità e un mistero. In questa funzione, l’uomo scorge il segreto della vita. Il Signore, che si rivela come il “Dio vivente”, appare dotato di un soffio, di un’energia creatrice e restauratrice in cui l’essere umano scopre l’inesauribile sorgente della propria esistenza. Il Signore con un soffio immette la vita” I simboli biblici, Maurice Cocagnac.

Nei mistici occidentali il respirare è spesso associato all’inspirazione dello Spirito, cui deve precedere la cacciata dello spirito proprio, l’espirazione. Jean-Baptiste San-Jure proponeva nel suo trattato L’union, questa preghiera: ”Ecco dunque quale dev’essere la nostra preoccupazione continua, il nostro esercizio prediletto: una respirazione perpetua di Gesù Cristo come nostra aria spirituale, e poi una espirazione ed un rinvio di Lui a Dio”. Aprire allora la bocca della nostra anima ed attirare la nostra aria spirituale, che è nostro Signore, il quale ha detto: ”Apri la bocca, e di parecchio, e con vasti desideri, ed io la colmerò” Sal, 80, 11.

Immaginiamo l’adesione di san Francesco d’Assisi al soffio creativo e che redime presente nelle creature, immaginiamo quella fusione che lo porta ad una respirazione e ad una continua creazione cosmiche: il mondo respira in Francesco, Francesco partecipa alla buona respirazione del mondo. Respira come la terra respira, e bisogna dire che la terra respira come Francesco.

La sua adesione al creato è totale, è un’adesione di tutto il nostro essere, uno scambio d’essere, nella fusione dell’essere che respira e del mondo respirato, e il sommo della sintesi la troviamo nel Cantico di frate Sole: tutto parla a Francesco perché è l’aria del mondo a far parlare gli elementi della natura.

Questa espansione del respiro, ci dà la massima confidenza nel creato, ci fa respirare bene. Ma forse il simbolismo di Francesco ha radici più profonde: la poesia che emana Francesco, la sua meravigliosa legenda sono così fuse nella sua vita, nella sua azione, che in lui poesia e verità si confondono, tutto diventa testimonianza, tutto diventa simbolico e al tempo stesso realistico.

I santi sono tutti poeti e la loro poesia e la loro vita, aiutano a respirare bene.

Pensiamo quale aumento di efficacia riceverebbero gli esercizi di training autogeno se potessero avvalersi delle immagini poetiche che sono trionfo di tranquillità e di massima confidenza nel mondo.

In questo modo, libereremmo definitivamente il training autogeno dall’immaginazione ipnotica, dalle immagini incerte tra sonno e veglia che spesso la caratterizzano. Le immagini poetiche, infatti, vivono dell’immaginazione e del riposo attivi, seguono l’asse secondo il quale le immagini cosmiche trasformano l’universo sensibile in un universo di energia e di bellezza. E’ per questo che proponiamo le immagini dei poeti e dei santi: loro contemplano, ammirano, vedono bello per dire bello. E, in un’esaltazione della gioia di vedere la bellezza del mondo, il sognatore crede che tra lui e il mondo vi sia uno scambio di sguardi, come nel duplice sguardo dell’amato e dell’amata.

Proviamo questo stato di veglia attenuata e disattenta, e questo benessere, senza ricercare il sonno o il riposo. La stanchezza buona non ha bisogno di dormire, preferisce un riposo attivo. Abbandoniamoci alle immagini poetiche della natura, distesi, supini, come in una seduta di training autogeno. Mentre dall’esterno giungono i segnali della terra e della notte, i piccoli rumori, e si propagano alle frontiere del sonno, la natura ci invita ad espanderci e a penetrare nella benevolenza, per finire ad annullarsi piacevolmente: “Disteso sul dorso, vedevo i rami dell’albero e tra una foglia e l’altra, le stelle.  (…) Ma il sonno non veniva; o meglio, provavo un tale benessere a rilasciarmi che quasi quasi desideravo prolungarne il piacere.  (…) Non mi precipitavo nel riposo, nella pace. Ma vi calavo dolcemente la mia stanchezza, distendendomi progressivamente, col volto verso il cielo, donde scendeva, sul giardino e su me, un’impersonale benevolenza. Nessuna esaltazione mi gonfiava l’anima, ma un contento si spandeva e penetrava nell’essere, che godeva di una perfetta pienezza. Abbandonato o stato di veglia e la sua tensione, m’ero collocato al di sopra del sonno (…) Accarezzato dalla sonnolenza, le cedevo soltanto una mano, mentre tutto il resto del mio essere partecipava alle beatitudini notturne … ”. Tonino, Henri Bosco.

In questo sognare, facciamo una esperienza del mondo, l’immaginazione cosmica ci fa abitare un mondo. Dà al sognatore l’impressione di essere al sicuro nell’universo naturale e immaginato. E questa è una sicurezza in espansione: sognando un universo, si parte sempre, si abita altrove e in un altrove sempre confortevole, felice, perché l’immagine cosmica, pur nella sua espansione e grandezza, ci rimane familiare, ci dà un riposo intimo e concreto. La dimensione cosmica e del viaggio viene vissuta con la coscienza di benessere, siamo nel benessere del riposo attivo. L’immagine cosmica risponde infatti a un bisogno di riposo e a un appetito: il mondo è il mio appetito.

Nutriamoci delle immagini cosmiche e del mondo! Scopriremo che il mondo si offre all’uomo. Franz von Baader, legando il mondo al bisogno dell’uomo, scriveva: “La sola prova possibile dell’esistenza dell’acqua, la più convincente e la più intimamente vera – è la sete”. Franz von Baader et le romantisme mystique, E. Susini. Abbiamo ammirazione e sete del mondo, i poeti e i santi ci insegnano che l’amore è il mondo della lode e del ringraziamento: amando le cose del mondo, si impara a lodare il mondo e a ringraziare. Le lodi del poeta sono per noi il modo per partecipare alla scoperta e alla comprensione del mondo; così rinasciamo al mondo, ammirandolo, ed il mondo ci appare e si apre all’essere con l’insieme delle nostre ammirazioni.

Per conoscere e comprendere occorre stupirsi. “Questa notte mi sono assorto nella meditazione della natura. Ammiravo il numero, la disposizione, la corsa di questi globi infiniti. Ma ammiravo ancor più l’Intelligenza infinita che presiede a questo immenso meccanismo. Dicevo a me stesso: bisogna essere ciechi per non restare estasiati di fronte a questo spettacolo, sciocchi per non riconoscere l’Autore, pazzi per non adirarlo”. Isaac Newton. Forse il grande scienziato non avrebbe fatto le sue scoperte rivoluzionarie se non avesse conservato questo incantamento, questa capacità di meravigliarsi davanti al Libro della natura.

La scienza come la poesia ha bisogno dell’immaginazione cosmica e dell’immaginazione naturale, un’immaginazione incantata di primo cosmo e di primo sognatore, davanti agli elementi naturali primari. Immaginiamo l’acqua che dorme nello stagno, il fuoco che dorme sotto la cenere, tutta l’aria del mondo che dorme in un profumo; tutti questi dormienti naturali producono immagini che si dilatano da sole, si propagano fino a diventare immagini del mondo. Testimoniano, dormendo così bene, un riposo interminabile, sereno e in continua espansione, a cui i poeti ci invitano a partecipare. Il riposo che donano queste immagini primarie è un riposo attivo, e “soltanto l’amore è al tempo stesso movimento e riposo: il nostro cuore va peregrinando continuamente finchè non ha trovato l’amore, e solo allora si riposa. Questo stesso riposo è però una forma di intensa attività nella quale una grande quiete e un’incessante energia vengono a fondersi nell’amore” La vera essenza della vita, Rabindranath Tagore.

Nell’amore per il creato e nell’immaginazione cosmica, nulla è inerte, né il sogno né il sognatore, tutto vive una vita segreta, tutto parla, mormora sinceramente, ascolta e ripete, in pace.

“Le cose invisibili di Dio sono conosciute dall’anima attraverso le cose visibili create e invisibili” Rm 1,20. Così l’anima nel Cantico spirituale di san Juan de la Cruz parla con le creature, chiedendo loro notizie del suo Amato:

O boschi e folte selve
piantate dalla mano dell’Amato!
O prato verdeggiante,
di fiori smaltato!
Ditemi se attraverso voi è passato.

Con San Juan de la Cruz, dall’essere queste creature opera della stessa mano di Dio, le metafore si moltiplicano: il prato verdeggiante è il cielo, perché le creature in esso create sono in rigoglio perenne, con tutta la varietà delle splendide stelle e dei pianeti celesti. Mentre i fiori designano gli angeli e le anime tutte, che adorano quel luogo e lo rendono bello come un grazioso e pregiato smalto su di un vaso d’oro purissimo.

I poeti e i santi amano e parlano del mondo in parole prime, in immagini prime, e così parole e immagini cosmiche tessono dei legami, una fusione e una dinamica tra l’uomo e il creato.

“Vi sono parole che permangono in chi le pronuncia, come le immagini originarie delle creature che permangono nel Padre” Ave, gratia plena, in Sermoni tedeschi, Meister Eckhart.

Occorre avere e dare ore di volontà di dolcezza, di sogno, ore di riposo, nelle quali gli inconsci si mettono in comunicazione e si ritrovano in una certa universalità.

In ciò si incontra la gioia:“La gioia è la comprensione della grande verità dell’unità, cioè dell’unione della nostra anima col mondo e dell’anima del mondo col Supremo Amore” La vera essenza della vita, Rabindranath Tagore.

In un fantasticare solitario, che amplifica la solitudine di colui che fantastica, si è in unione con l’umanità, si uniscono infatti due profondità ed esperienze: la profondità dell’essere del mondo e la profondità dell’essere che fantastica. Il tempo è sospeso e inghiottito in queste profondità. Il mondo riposa nella sua tranquillità. Colui che fantastica è tranquillo in un mondo tranquillo. “Egli respirava dolcemente in una quiete imperitura, in una imperitura luce, in una pace inviolabile (…) perfezione della sua calma, tranquillità della sua immagine, in cui non vi era ricerca, non vi era desiderio, non aspirazione, non sforzo, ma solo luce e pace”. Siddharta, Hemann Hesse

In questo respirate e in questa pace, tutto è grande, tutto acquista valore. L’immaginazione diventa cosmica. Il sognatore vive uno stato di vicinanza con il mondo, per cui il mondo è immaginato, direttamente immaginato, e l’immagine cosmica quando accade è immediata, è la rapidità di un rapimento, l’istante ingenuo dell’incantamento. Una sola immagine invade e ci dà tutto l’universo. Il sognatore, nel suo fantasticare senza limiti né riserve, si dà anima e corpo all’immagine cosmica. Il sognatore è incantato, in un mondo di cui non ha dubbi e che abita sicuro di abitarci.

Chiediamoci quello che proviamo di fronte alla grandezza del mondo contemplato, confessiamo i nostri entusiasmi per il mondo immaginato, fatto di molto sole e di un’immensa estensione di mare. Di fronte all’immensità siamo naturalmente sinceri.

Immaginiamo dei mondi in cui la nostra vita potrebbe realizzarsi in tutto il suo splendore, in tutto il suo calore. Prendiamo coscienza del più di essere che riceviamo dalle immagini poetiche cosmiche.

Poniamoci nell’universo, ancora prima di respirare:

Ora mordo
come un bambino la mammella
lo spazio

Ora sono ubriaco
d’universo

La notte bella, Giuseppe Ungaretti

Lasciamoci andare a questi momenti di festa e voracità verso l’universo.

Oppure, lasciamoci prendere dall’apparenza delle cose, senza ricercare la realtà al di là di esse: “Ora il suo occhio liberato s’indugiava al di qua, vedeva e riconosceva le cose visibili, cercava la sua patria in questo mondo, non cercava la “Realtà”, né aspirava ad alcun al di là. Bello era il mondo a consideralo così: senza indagine, così semplicemente, in una disposizione di spirito infantile. Bella la luna e gli astri, belli il ruscello e le sue sponde, il bosco e la roccia, la capra e il maggiolino, i fiori e le farfalle. Bello e piacevole andar così per il mondo e sentirsi così bambino, così risvegliato, così aperto all’immediatezza delle cose, così fiducioso”. Siddharta, Hermann Hesse.