Sogni cullati dalle acque e nell’aria
Sogni cullati dalle acque e nell’aria
Vieni, che io ti veda affondare in un sogno
di quieti pensieri, protratto fino a che l’occhio
si calmi come un’acqua quando il vento dilegua
non sa dove. Mio dolce amico,
abbiamo vissuto tali ore insieme,
che mi si scioglie il cuore a ripensarle.
Questo è il punto, William Wordsworth
I poeti ci donano queste ore felici, immagini dell’esperienza, materiale e naturale, di sogni cullati, che trovano nell’acqua la loro materia, la loro poetica specifica, un particolare tipo di intimità: acque che non scorrono e che oscillano in un movimento verticale sullo stesso posto, per accompagnare il sognante, con un ritmo costante e rassicurante. Il sogno si stabilizza, tende a partecipare al ritmo cullante dell’acqua. Il sogno e l’acqua cullante uniscono la loro dolcezza. Quale benessere dell’anima!
La barca oziosa e seducente sulle acque è per certi versi una culla riconquistata.
Immaginiamoci un bagnante, immerso in una notte calda, che ama e assapora la leggerezza conquistata nelle acque e si lascia andare ai sogni cullati dall’acqua. Sono i sogni benefici dell’infanzia tranquilla, del ricordo inconscio della culla, in cui l’essere umano si trova tutto intero immerso in un liquido e in una felicità senza limite.
Invitiamo a queste felici condizioni per l’immaginazione: lasciarsi andare al tempo che scorre tranquillo e con continuità o immaginarci per lunghe ore spensierate e tranquille sulle acque, sdraiati sul fondo di una barca solitaria, contemplando il cielo: il movimento è vivo, senza scosse, ritmato, silenzioso, l’acqua ci porta, l’acqua ci culla, l’acqua ci addormenta, l’acqua ci restituisce la madre.
Queste ore felici quali ricordi ci restituite?
Non sappiamo rispondere. Non sappiamo andare così lontano.
Non riusciamo a concentrarci e a ricordare.
La vita cullata sull’acqua allenta molto l’attenzione. Lasciarsi cullare sui flutti non ci dà nessun riferimento cui l’attenzione possa attaccarsi. Il fantasticare scorre al ritmo della profondità, di una profondità intima sorprendente, tutta al femminile. I pensieri fluttuano nell’animo, in modo speciale, come non accade sognando su una sedia a dondolo. I sogni cullati sull’acqua, inoltre, si moltiplicano con una dolcezza e leggerezza prodigiose.
Questo bisogno di essere cullati e portati, questo bisogno di sentirsi liberati dal nostro peso, dalla stessa paura di cadere, appare come un felice e raro esito psichico della notte. Il nostro cuore, appesantito dall’affaticamento diurno, cerca il riposo nel corso della notte, con la dolcezza e con la facilità del sogno cullato. Quando a questo sogno si aggiunge un ritmo leggero, sentiamo proprio il ritmo del nostro cuore placato, accompagnato da una sensazione di benessere respiratorio.
Sì, i sogni benefici sono quelli cullati dall’acqua e quelli portati dall’aria. Nel sonno partecipiamo a un cosmo, veniamo cullati dall’acqua, seguendo il ritmo del cuore, veniamo portati dall’aria, seguendo il ritmo del nostro respiro. I poeti non mancano di donarci immagini stimolo che ci fanno sognare così in alto e bene, cullati e portati tra acqua e cielo. In particolare sono i surrealisti a donarci fantasmagorie dalla cullata serena: l’uccello che depone le uova sulle nuvole, che vengono covate dal vento. I grandi sognatori di un mondo fluido procedono felicemente in un sinuoso, ondeggiante e progressivo passaggio dall’acqua al cielo, dal pesce all’uccello. E’ un passaggio cullato ed impercettibile, siamo nell’ebbrezza della passività, cullati in una gondola di cui il sognatore non è gondoliere.
Immaginiamo un’isola che galleggia o un’isola sospesa nell’aria, sospesa tra cielo, aria, terra e mare, in una cullata serena. Su questa isola troviamo il vero riposo.
Siamo nel cuore delle immagini poetiche che ci fanno vivere in viaggio una leggerezza aerea. Una barca del sogno ondeggia sulle acque, si muove impercettibilmente verso il cielo. Saliamo sulla barca del sogno, il viaggio diventa aereo. Per alcuni sognatori, la barca del sogno che ondeggia sulle acque si muove progressivamente e senza soluzione di continuità verso il cielo. Per questi, il viaggio aereo appare come l’immediato esito del viaggio sulle onde.
L’immaginazione poetica riesce ad aprirci ad un mondo che vive della felice continuità tra elementi naturali primari quali l’acqua e l’aria, il fiume e il cielo.
Il fiume di sera
E’ immutabile e liscio;
I colori del maggio
Si aprono tutti.
Un’onda improvvisa
Si porta via la luna;
E l’acqua di marea
Arriva col suo carico di stelle.
Fiori e chiaro di luna sul fiume a primavera, Yang-Ti
Cogliamo l’invito a vivere, di sera, il passaggio quieto delle nuvole sulla luna, la continuità straordinaria tra fiume e cielo, tra le immagini dell’acqua e dell’aria. Lasciamoci portare da quest’onda improvvisa carica di cielo. Forse allora coglieremo il senso profondo della felicità cullata che è in noi: i sogni cullati dalle acque, sulle onde, continuano felicemente nell’ascensione aerea. La felicità portata (dall’aria) è il massimo della felicità cullata (dall’acqua). E’ questo il senso profondo della felicità cullata che ci offrono le immagini poetiche.
Forse questa felicità cullata ha il destino segnato dalla forza primaria del volo. Il volo è nel nostro intimo, esiste un volo dentro di noi, tutto ci conduce verso l’alto, verso le nuvole, verso la luce, verso il cielo: non ci resta che salire sulla barca del vento.
Con questi elementi naturali e fantastici, le immagini si semplificano fino a divenire pura luce, mentre ricche e complesse sono le emozioni vissute, insieme ad una profonda impressione di pace e di serenità, disposizione ad un’estrema benevolenza …
D’altronde, il cielo, le nuvole sono fra gli ispiratori più fantastici di immagini poetiche, sono l’oggetto di un onirismo di pieno giorno, provocano nell’uomo fantasie facili ed effimere.
Questo perdersi dall’acqua nel cielo azzurro irreale, impalpabile, carico di sogni, in un’espansione senza contorno, è un’immagine elementare, nella piena accezione del termine, possiede una sfumatura sentimentale di primaria semplicità, una sentimentalità pura. E’ sulle rive, vicino all’acqua e sull’acqua, che si impara a vogare sulle nuvole, a nuotare nel cielo.
Immaginiamo allora che la vita dell’aria è reale, e al contrario la vita terrestre è immaginaria. Tutto si schiarisce, tutto va verso la luce e verso l’altezza, tutto ciò che amiamo con passione diventa diafano. E’ proprio la luce che ci porta – a sognare.
Lasciamoci prendere in questo viaggio tra cielo e acqua, lasciamoci portare da questi elementi primari, immergiamoci nel cielo, saremo alleggeriti da felicissime immagini poetiche. In nessun caso, il sognatore portato dall’aria o dall’acqua, si sente in balia della tempesta: essere cullati dall’acqua e dall’aria è un essere portati e protetti maternamente, perché ci si sente sempre tutelati da una mano, protetti come in un nido aereo.
C’è chi passa dall’acqua al cielo, all’aria, provando fremiti di verticalità, non si accontenta di una vita orizzontale e cullata, il capo è verso l’alto, e vola, attraverso una trasformazione e un divenire aereo.
I grandi sognatori sono impegnati al tempo stesso nel destino dell’altezza e in quello della profondità. D’altronde, elevare e approfondire non sono due percorsi o due poli in opposizione: quando approfondiamo qualcosa si eleva e viceversa qualcosa viene approfondita quando qualcosa si innalza. Siamo terrestri e aerei.
Non serve chiedersi cosa ci fa liberarci nel cielo, possiamo scoprire e seguire immagini e volontà ben diverse. C’è chi si lascia trasportare dal cielo infinito, in una dolce e lenta aspirazione, chi evade dalla terra, preso dall’ebbrezza di un desiderio. Mentre c’è chi giunge allo spazio infinito, all’altezza, a seguito di una conquista, di una proiezione della volontà di conquista. Il primo, ritroverà nel cielo le gioie della cullata, il secondo un’atmosfera pura, fresca, tonificante, vigorosa.
Ma la prospettiva vera, felice, più tonica e salutare da seguire è nello scambio tra il pesante e il leggero, tra il terrestre e l’aereo. Per mettere in gioco veramente il nostro essere, bisogna poter trovare la duplice prospettiva dell’altezza e della profondità.
Facciamo, in piena solitudine, un sogno di ascensione dalla terra al cielo, e, come accade in ogni immagine cosmica, troveremo una grande intimità condensata e sicura. Immaginiamo di prendere una scala scavata nella roccia che sale girando. Salendo, salendo, felicemente, anche se per cunicoli tortuosi e stretti, sbocchiamo in una torre. Essa è perfettamente rotonda, circondata da piccole luci che provengono da strette finestre. Il soffitto è a volta. Dev’essere la camera di una fanciulla ed è abitata dai ricordi di una nonna. Sul messale della fanciulla, che sarà stato della lontana nonna, si può leggere: ”il fiore è sempre già nel seme”.
Sulla scia di questa metafora cosmica, torniamo ai nostri sogni cullati:
Avrò notizie di te
se entro nel sole.
Nel magma dei vulcani
coglierò il tuo colore.
Ti cercherò
nel fondo degli abissi,
nel mormorio del vento.
T’ascolterò
adagiati sulla luna,
ci parleremo,
ci culleremo nell’occhio del ciclone,
Perché nel mondo dei sogni
io t’ho incontrata.
Avrò notizie di te, Paul Eluard
Ascoltiamo questi semplici versi, quanta speranza ci danno nel mondo e nell’immaginazione! E’ un modo per conoscersi e ritrovarsi attraverso l’immaginazione che assecondi, ascolti, penetri il mondo. Cerchiamo il benessere che ci viene dalla fiducia nel mondo, adagiati sulla luna, cullati nell’occhio del ciclone. Nel mondo dei sogni, il mondo ci parla di noi: il sole, i vulcani, il fondo degli abissi, tutto ci parla di noi.
E allora, sull’acqua, un grande sognatore, può leggere poesie, a lume di candela, a bordo di una nave:
Prendo in mano le tue poesie e le leggo con la candela;
Le ho finite – la candela è bassa – l’alba non spunta
ancora.
Ho gli occhi stanchi, la candela sgocciola – ancora
seduto nel buio
Ascolto le onde cacciate dal vento che frustano la prua
della nave.
Leggendo le poesie di Yuan Chen a bordo, Po Chu-i
Finite le poesie, segue l’attesa. Allora viviamo il contrasto tra il tempo della candela che va spegnendosi e il tempo delle onde che procede a scatti.
Le acque, seppure tempestose, invitano all’abbandono e all’annullamento nella fede.
Sogniamo l’immagine di Gesù addormentato nella barca, donataci da una piccola e semplice santa e poetessa: Teresa di Gesù Bambino. L’anima di Teresina è la navicella che naviga a vele spiegate verso il porto, anche se il mare è in tempesta; il timone non è senza pilota: Gesù è là che dorme, come un tempo nella barca dei pescatori della Galilea. L’unica sua stella è la fiducia in Gesù che dorme, e seguendo la sua luce va per la giusta rotta. L’abbandono è la condizione necessaria: svuotarsi delle preoccupazioni terrene (il mare burrascoso del mondo, la tempesta, la paura di non vedere il porto), svuotarsi di ogni capacità di governo della navicella, per lasciarsi guidare soltanto dalla fede oscura. Il motore della navicella è la speranza in ciò che non si vede e in ciò che non si ha. In questo cammino allo scuro, nell’oscurità della fede, l’anima ondeggia sulle acque, che sono un invito a lasciarsi dormire, malgrado la tempesta, a dormire nella tempesta, nella propria fede.
Cogliamo un invito alla tranquillità e al rilassamento delle acque dopo la tempesta.
Il gesuita John Callanan, nel prologo dell’esercizio di fantasia imperniato sull’episodio evangelico della tempesta sedata, così descrive l’atmosfera: ”La serata è splendida, soffia una brezza leggera e il sole sta iniziando a tramontare. L’acqua lambisce silenziosamente i fianchi dell’imbarcazione. Immersi in quella calma e in quella tranquillità, lasciate scivolare la mano lungo la fiancata della barca e sentite l’acqua fresca scorrervi tra le dita. Ne ricevete una piacevole sensazione di rilassamento”.
Seguiamo le indicazioni del gesuita: è un montaggio di immagini visive, sonore, tattili capace di rilassare felicemente tutti i sensi.
Oppure abbandoniamoci radicalmente nell’immagine che ci offre Siddharta, è un farsi cosa per annullarsi e lasciarsi tirare totalmente dal raggiungimento della meta: “Se tu getti una pietra nell’acqua, essa si affretta per la via più breve fino al fondo. E così è di Siddharta quando ha una meta, un proposito. Siddharta non fa nulla. Siddharta pensa, aspetta, digiuna, ma passa attraverso le cose del mondo come la pietra attraverso l’acqua, senza far nulla, senza agitarsi: viene scagliato, ed egli si lascia cadere. La sua meta lo tira a sé, poichè egli non conserva nulla dell’anima propria, che potrebbe contrastare a quella meta”. Siddharta, Hemann Hesse.