Un frutto, un fiore

 

Un frutto, un fiore

Ad un sognatore, ad un poeta, può bastare un’immagine, una persona, come anche un semplice oggetto, per fantasticare: un frutto, un fiore, una conchiglia, un semplice oggetto familiare. Una volta che un sognatore ha scelto il suo oggetto, l’oggetto cambia d’essere, diventa più vero e sollecita a sognarlo, e a farlo diventare compagno dell’uomo. Ma non tutti gli oggetti del mondo sono altrettanto naturalmente disponibili per risvegliare le immagini poetiche. Certo i frutti, i fiori sono tra le creature elette dalla poesia, ed è una gioia scoprire con le immagini poetiche nuovi oggetti, prendendole alla lettera queste immagini, sognando con il poeta, credendo a ciò che dice e vivendo nel mondo che ci offre – in un frutto del mondo, in un fiore del mondo.

Il poeta sente che il mondo felice entra in lui, come i frutti che mangia. Si nutre del mondo. Diventiamo anche noi felici sognatori dei beni del mondo, ogni frutto ben gustato, ogni frutto poeticamente esaltato appartiene al mondo felice.

Pensiamo al mondo come a un frutto: il mondo stesso diventa un frutto, la luna e la terra sono astri fruttuosi. Gustiamo queste immagini dell’astro in rallenty, nel silenzio rotondo e sognato nella sua rotondità di frutto:

O silenzio rotondo come la terra
movimenti dell’Astro muto
gravitazione del frutto intorno al nocciolo di argilla.

Le miroir de la Redemption du monde, Joan Cayrol

Il mondo ci è offerto in immagini familiari, siamo nel benessere del riposo, e ci viene appetito del mondo. Ora possiamo mordere il mondo e presi dalla felicità di mordere possiamo entrare nel mondo senza alcuna preoccupazione.

Oppure, ribaltiamo la visione, conformiamoci ai frutti della natura: davanti ad una mela, ad un arancia, grazie ad un frutto, tutto l’essere del sognatore si arrotonda. Grazie ad un fiore, tutto l’essere del sognatore si distende. L’immenso profumo di un fiore poetico ci impregna tutta la vita. Il fiore poetico è allora l’essere stesso del sognatore che si diffonde, è il suo essere in fiore, che si espande in noi.

Cogliamo un fiore nel giardino della psiche:
Creo un fiore, adorabile piacere …

L’etoile du berger, Edmond Vandercammen,

Nel giardino della psiche si può avere l’adorabile piacere di essere in fiore, così in una mela matura: segno del cielo assolato e della terra, nel suo gusto, vediamo condensarsi la dolcezza del mondo, la nascita di una felicità.

Seguiamo il formarsi, petalo su petalo, della bellezza luminosa della cipolla:

Cipolla
luminosa ampolla,
petalo su petalo
s’è formata la tua bellezza…

Ode alla cipolla, Pablo Neruda

Seguiamo queste immagini davanti a un fiore, davanti ad un frutto; il poeta ci offre la leggerezza e la felicità della eterna infanzia

Guarda i fiori, questi fedeli della terra,
Colui che li portasse nell’intimità del sogno e del dormire
profondamente con le cose – oh! Come ritornerebbe leggero
diverso di fronte al giorno diverso, dalla comune profondità.

Sonetti a Orfeo, Rilke

Questi fedeli della terra! E’ la loro fedeltà che ci affascina! Come vorremmo essere fedeli e docili anche noi!

“I gigli dei campi non lavorano e non filano; essi cioè non si sono proposti di rivestire questo o quel colore, non hanno messo in moto la loro volontà, né disposto mezzi a questo scopo: hanno semplicemente accolto tutto ciò che la necessità naturale ha dato loro. A noi paion più belli che i tessuti pregiati non già perché sono più sfarzosi ma perché sono docili”, Il chicco di melagrana, Simone Weil.

Viviamo la leggerezza e la verticalità dei fiori, guardiamo verso il cielo, con le radici nella terra, impariamo a sognare e portiamo i fiori nei nostri sogni. Scopriremo che questi fiori ci riguardano e ci guardano: sì, fermiamoci un attimo e lasciamoci guardare dai fiori.

I fiori tendono in alto come le fiamme: lo stelo della fiamma è così dritto, così fragile che la fiamma è un fiore. I fiori, tutti i fiori sono fiamme che aspirano a divenire pura luce. E chi brucia bene, brucia verso l’alto. La semplice fiamma della candela designa bene questo destino verticalizzante verso l’alto.

Il poeti deve dire il fiore, parlare il fiore, i poetici offrono fiori vocali e ci fanno sognare bouquets di parole. Animano le fiamme del fiore con le fiamme delle parole.

Ogni fiore ha una sua propria luce. Ogni fiore è un’aurora. Tra tutti i fiori, la rosa è realmente un focolaio di immagini: il fuoco e la rosa sono una sola cosa. Un sognatore di rose vede nel suo focolare tutto un rosaio.

I poeti ci donano frutti e fiori che ci sollecitano a sognare e a gustare il mondo. Acquistiamo fiducia nel mondo, immergiamoci in questo mondo accogliente, viviamo nel benessere di un mondo felice. Per noi che non siamo poeti, è questa una delle strade di accesso alla poesia. Sognando con i poeti i doni della natura, siamo autori dello stesso sognare, siamo sicuri di essere stati noi sognatori.

Queste illusioni, che ci fanno vivere ciò che sogniamo e ciò che sogniamo con i poeti, sono benefiche. Ci viene restituito il nostro essere sognante. Riceviamo un rinnovamento della gioia di percepire, un affinamento, uno strano amore per i mormorii, le voci, i profumi, i colori, i movimenti. Così diventiamo un tutt’uno col mondo felice dei nostri sogni.

Godiamo della grande tenerezza della sequenza di immagini del fiore dalle radici intatte, offerto a Teresa di Gesù Bambino dal padre, dopo che ne ha appena acconsentito l’entrata nel monastero del Carmelo: ”Mi ricordo perfettamente l’azione simbolica che il mio Re compì senza saperlo. Si avvicinò ad un muricciolo, mi mostrò dei fiorellini bianchi che crescevano su di esso simili a gigli in miniatura, poi ne prese uno e me lo dette, spiegandomi con quanta cura il buon Dio l’aveva fatto nascere e custodito fino a quel giorno; ascoltando, io credevo di udire la storia mia, tanto era la somiglianza tra quello che Gesù aveva fatto per il mughetto umile e per la piccola Teresa. Ricevetti quel fiore come una reliquia, e vidi che, cogliendolo, Papà aveva divelto tutte le radici esili senza spezzarle, quasi affinchè vivesse ancora in un’altra terra più fertile del muschio tenero nel quale erano trascorsi i suoi primi giorni. Era proprio questo medesimo atto che Papà aveva fatto per me qualche istante prima, permettendomi di salire la montagna del Carmelo, e lasciare la vallata dolce nella quale avevo mosso i primi passi” Storia di un’anima, Scritto autobiografico A.

Nel fantasticare sugli alberi, sui fiori, sui frutti, si vive una sorta di sublimazione vegetale, attraverso una serie di movimenti aerei: l’albero che ha il suo culmine nei fiori e nei frutti, i fiori che crescono e salgono dalle radici alle corolle e alle foglie più aeree e agli spiriti odorosi. Il mondo vegetale è proteso verso l’alto: i fiori insieme agli alberi sono un’espressione della verticalità naturale, crescono verso l’alto, salgono, sono più aerei che terrestri. L’albero in particolare è casa che si sviluppa verticalmente: nella cantina c’è la caverna, nella soffitta il nido. Anche la casa ha radici e fronde. Si dice: nessun albero cresce fino al cielo a meno che le sue radici non tocchino l’inferno.

Ma da dove trae energia questo movimenti ascensionale? Affidiamoci alle immagini poetiche e alle loro risonanze, così capiremo che “Un albero è molto più di un albero” Fidel au monde, Gilbert Secard. “Ogni pianta è una lampada. Il profumo è luce” L’uomo che ride, Victor Hugo. Le arance risplendono come lampade nel giardino. “L’albero non è altro che una fiamma in fiore” Novalis.

Seguiamo questa fantasia: una fiamma brucia nell’intimità dell’albero. Seguiamo la linfa che sale e brucia! Soltanto il linguaggio poetico può avere questa audacia. Con i poeti, possiamo arrivare a vedere dentro l’albero la trasformazione dei succhi della vita in sostanza di fuoco e di fiamma. Quanta energia si genera per la nostra immaginazione! E quanta pace! Guardiamo l’albero della linfa che sale e brucia; dal dentro è un grande tronco cavernoso coperto di muschio, e nonostante il movimento verso l’alto e il fuoco, può essere una dimora cosmica, dove godere del riposo tranquillo, della vera pace.

Esaltati dalla libertà poetica, ci è facile passare dalla dimensione dell’albero cavernoso al più piccolo dei fiori dei campi: i piccoli e umili fiori selvaggi dei campi, che nessuno pensa a cogliere perché occorre “abbassarsi” per raccoglierli, lasciano le radici e la terra, e sulle ali della brezza si dissolvono in puri profumi. Così questi piccoli fiori ci aprono ad un mondo in miniatura dove abitano la grandezza e la bellezza aeree.

Frutti e fiori, bellezze del mondo, per sognarli bene occorrono i poeti, occorre dirli bene. Serve l’aiuto del poeta, e quale felicità quando il poeta, specialmente sugli elementi naturali, ci dice “hai visto bene, hai dunque il diritto di sognare”. Che gioia allora prendere alla lettera il poeta, o il mondo di Walt Disney, e sognare con lui e con gli oggetti animati, e vivere nel mondo che ci offre. Che gioia mettere il mondo sotto il segno dell’oggetto, per cui il frutto è un mondo, il fiore è un mondo. Allora, basterà un solo frutto perché il mondo sia sognato nella sua rotondità, nella sua rotondità di frutto. Inizia così un mondo, un sogno felice, il cui personaggio è un frutto ben gustato, un frutto poeticamente esaltato.

Poniamoci nella disposizione dello spirito per cui non possiamo avere un sentimento che non si accompagni all’immagine di un fiore o di frutto. Immaginiamo in sintonia col mondo vegetale:

Vieni a pregare con me, sorella mia
per ritrovare la permanenza vegetale.

La porta senza memoria, Edmond Vandercammen

La permanenza vegetale, che grande sogno di riposo e sicurezza nella natura!

Il vegetale ci riporta ad un essere che approfondisce, che mette radici, penetra nella terra e riposa. Riposiamo anche noi, proviamo ancora una volta che grazie ad un frutto tutto l’essere si arrotonda e che grazie ad un fiore, tutto l’essere si distende. Diventiamo un fiore, che adorabile piacere! L’immenso profumo di un fiore poetico può impregnare tutta la nostra vita.

Ci sono espressioni poetiche di fiori-fiamma, le cui fiamme potrebbero essere attinte altrove. Il sognatore invita a mettere sul vostro tavolo un tulipano rosso, uno solo, in un vaso dal lungo collo. Ecco una lampada. E accanto ad essa, nella solitudine del fiore solitario, potete sognare. Questo tulipano è una lampada tranquilla, brucia dolcemente, è una fiamma senza dramma. Sul soffitto, quando il sole d’agosto ha fatto salire le prime linfe al grappolo d’uva, il grappolo diventa un lampadario.

I fiori, tutti i fiori sono fiamme. Accettiamo questo assioma della poetica vegetale! E tra tutti fiori-fiamma, la rosa rossa è un vero focolaio di immagini per l’immaginazione delle fiamme vegetali. Con quale intensità e semplicità il poeta sogna:

E il fuoco e la rosa sono una sol cosa

Quattro quartetti, Thomas Streans Eliot

L’opera di D’Annunzio è ricca di rose in fuoco. Nel romanzo Il fuoco:

… guarda le rose rosse!
Ardono. Sembra che abbiano nella corolla un carbone acceso. Ardono veramente

Immaginiamo rose dolci lampade, rose bianche che illuminano la stanza. Sì, i fiori sono fiamme che danno luce. Sono lampade dolci e tranquille. L’immaginazione poetica va ancora oltre, può vedere in ogni luce dei fiori: ”La lampada che negli specchi fa fiorire ninfee” Le Miroir du ciel natal, George Redenbach.  Seguendo il poeta copriamo i muri della nostra stanza di quadri di ninfee, mentre gli specchi diventano il nostro stagno verticale dove fioriscono le ninfee.

Per meglio conoscerci, attraverso il nostro fantasticare, immaginiamo un muro rigoglioso di fiori e di foglie sotto cui sparisce. E’ talmente esuberante di splendori floreali che se ne rimane estasiati alla vista, ci si abbandona alla irresistibile potenza dei colori e dei profumi, al fremito della vita intensa che anima il fogliame. L’altra faccia del muro invece è austera: per creare quei colori, quei profumi, quell’impeto di vita che ci sono necessari, dobbiamo scavare nel profondo e cogliere tutte le immagini assenti, che la visione del muro chiama a sé. Accade che è proprio per mezzo di questa faccia spoglia del muro che nascono le fantasie e le magnificenze inventate, è su questa parete che si diffonde la luce della giovinezza. Essa ce la rinvia, tutta splendente, ad i nostri vecchi giorni, in cui già si insinua la sera; questo riflesso dell’infanzia dona ancora un po’ di splendore giovanile e la freschezza dell’alba.

Quale ci ritorna più caro e prezioso, in questo periodo della vita, il lato spoglio o il lato ridente del muro?

Proponiamo alla nostra fantasia fiori e frutti poetici, questi creano un giardino favoloso, che è il centro di un cosmo, un cosmo in cui si vive bene, in cui si è sicuri di vivere, sotto il duplice segno del cielo assolato e della terra paziente.

Suggeriamo queste immagini perché sono immagini che ci invitano a gustare il mondo, un mondo accogliente e felice, nel quale il sognatore e il mondo della sua fantasia sono vicinissimi, si toccano, si compenetrano. Immergiamoci nella felicità di sognare il mondo, nel benessere di questo mondo felice!

Partecipiamo a questo magico ed energico risveglio della natura:

Rivo e abete forte scrosciano
si ridestano le grotte.

Canti e suoni di chitarra
dalle forre sgorgan fuori;
quasi in folle primavera
selve spuntano di fiori:

fiori arditi, a grandi petali,
prodigiosi, profumati,
come spinti da passione
là con impeto sbocciati.

Rose rosse, come fiamme,
sgorgan fuori dallo stelo;
e, pilastri di cristallo,
s’ergon gigli verso il cielo,

Stelle, grandi come soli,
guardan giù, d’amore ardenti;
e nel calice dei gigli,
raggi versano a torrenti.

Il giro nell’Harz, Enrich Heine

Che universo disneyano! È tutta un’ammirazione floreale, fatta di impeto e passione. Che passione tra cielo e terra! È tutto uno scambio amoroso di luce e profumi appassionati!

Ogni cosa che sboccia s’erge verso il cielo. Ogni risveglio è dell’essere in fiore e la fiamma di vita dell’essere che fiorisce è una tensione verso il mondo di pura luce. Così il risveglio ardente di amore di Heine può trovare il suo compimento nei raggi di luce che versano a torrenti nei calici degli gigli, pilastri di cristallo eretti verso il cielo.

Ancora una volta con le immagini poetiche non ci è dato di fermarci all’estetica di superficie, le fiamme ardenti ci portano ad entrare nei fiori, scopriremo un interno meraviglioso di fuoco, scolpito e colorato, che vive come bellezza di luce.

Oppure, dopo aver visto fiori, alberi, frutti, luci, passando dal mezzo aereo alle materie terrestri, vediamo in certi marmi, nella pietra e nel legno, quadri naturali con fiori, alberi, animali, uomini, angeli, forme vaghe, efflorescenze, arborescenze, luminescenze. Queste immagini scoperte nella profondità della natura, queste immagini naturali riempiono di meraviglia il sognatore dell’intimità e dell’arte della natura, il sognatore delle potenze intime della natura.

Superiamo le angosce e le preoccupazioni del nostro io, espandiamoci, immaginiamo la natura come un artista che dipinge, disegna, scolpisce, immaginiamo la natura dotata di facoltà e capacità meravigliose che il suo Creatore le ha attribuito per lavorare in modo differenziato ogni sorta di materia.

Pensiamo in solitudine intorno ad un frutto: il frutto diventa simbolo, e, come sottolinea Eliade, la tendenza del simbolo, o meglio, del sistema simbolico, è tendenza a “legare”, “unificare”, tendenza che esprime e rivela la posizione dell’uomo del Cosmo. Immaginando così, il mondo stesso diventa un frutto gigantesco, così la luna e la terra sono astri fruttuosi, così il mondo è sognato nella sua rotondità di frutto. E’ la nostra stessa gioia che si arrotonda, e la felicità rifluisce dal frutto che ho davanti al mondo intero.

Davanti a tali rotondità, non si può evitare di sognare in profondità. Proviamo, allora, a tagliare un frutto, un fiore, un chicco, e disponiamoci a sognare un mondo, disponiamoci a nutrirci di questo mondo, ne abbiamo bisogno, gustiamolo. Immaginiamo, e immediatamente abbiamo una coscienza di benessere: in un frutto, in un fiore, in un chicco siamo nel benessere del riposo.

Che le nostre realtà ed energie psichiche, di nuovo risvegliate, reclamino a gran voce una illimitata produzione di foglie, fiori e frutti!

Ma per assicurare questa produzione dobbiamo seminare bene. Pensiamo alla parabola del seminatore: una parte della semente cade lungo la strada, un’altra sul terreno sassoso, un’altra sui rovi, e fortunatamente un’altra parte cade sul terreno buono e dà frutto. La strada è calpestata dai viandanti, il terreno sassoso non permette di mettere radici in profondità, i rovi soffocano e impediscono la crescita dei frutti. Gesù ci esorta a scrutare in profondità dentro di noi, per prendere coscienza del terreno arido e infruttifero della nostra esistenza. Mentre va ricercato il terreno buono, fertile che è in ognuno di noi, nel quale la semente trova le condizioni giuste per germogliare e fruttificare.

Lasciamoci guidare da queste immagini, il che significa che per trovare il terreno buono da coltivare, dove possono estendersi le radici vitali che ci alimentano, occorre saper vedere in noi anche la strada calpestata ed inaridita, oppure i cespugli di rovi, che con le loro spine. minacciano di soffocare ciò che dovrebbe germogliare e portare frutto.

E’ una ricerca nel Libro della natura e ascoltando favole antiche, in uno scenario da musical disneyano:

Viene un’antica favola
dal lontano passato,
e in canti e suoni narrano
di un passato lontano,

Dove gran fiori languono
nei tramonti dorati,
e con occhi si guardano
di sposi innamorati;

dove gli alberi parlano
e cantano come in coro,
dove le fonti sgorgano
con un ritmo canoro;

e canzoni risuonano
mal udite d’amore,
e dolce ti dissenna
un più dolce languore!

Intermezzo lirico, 43, Heinrich Heine

Partecipiamo a questo cantico di amore per la natura!

Ascoltiamo questo singolare fermento al crepuscolo e diventiamo aerei sulle ali di sussurri, ronzii, profumi amorosi:

Bianche forme di nebbia, su dai campi
salendo, mollemente si abbracciavano;
si guardavano tenere le viole;
i calici dei gigli si chinavano
l’un verso l’altro appassionatamente;
su tutte le rose, fiamme ardevano
di voluttà; sembravano i garofani
accendersi nell’alito; in beati
profumi ebbri nuotavan tutti i fiori,
piangendo mute lacrime di gioia
e inneggiando tutti: amore! amore!
Volavan le farfalle, insetti d’ore
ronzavan dolci canzoncine d’elfi,
sussurravano i venti della sera,
frusciavano le quercie, si struggeva
cantando l’usignolo …

Ritorno. Ratcliff, Enrich Heine

Erborizziamo, lasciamoci inebriare di questi profumi e sapori: ”Faceva troppo bello per erborizzare. Non appena mi curvavo verso il fiore, il profumo che ne emanava (filtrato dall’acqua piovana di cui le corolle traboccavano ancora) mi rinfrescava il viso, mi lasciava sulle labbra quel gusto di miele e d’amaro che sempre è nel succo delle piante selvatiche.” La fattoria, Henri Bosco